martedì 30 dicembre 2014

Vigilia cu Patruzzu


Vigilia cu Patruzzu

Manu manuzza: iddu, eu. La notti.
Nta facci friddi spini: cugnintùra
ri ciàtu e lacrimi ri tramuntana.
Vaju, pistannu ummìri ri luna
pustiàta ntra la gebbia e 'u pipitùni.
I mannarìni, conza pì li rami
d'arbuli ri Natali babbasùni.

'N celu lumìni, 'n terra 'na stidduzza.
Lu munacheddu annàca campàni
jùnci viddàni e prìncipi nto chianu.

Vasàti e vucciddàtu 'n sacristia:
stanotti su' mmilàti li paisàni.
Ravànti a tutti, nicuzzi assittàti
cu l'occhi granni e ciuri tornu tornu.
'A ciancianèdda ciàccula, bannìa:
«'u Picciriddu pì nuàtri nascìu...!!».

Cala 'u tilùni, 'u ventu quarìa:
squagghia la nivi supra Mungibeddu.
Manu manuzza... Iddu e Bambineddu.

Versi di Leo Sinzi (zio-silen)

Per ascoltare questa poesia declamata dal suo autore clicca:
https://www.youtube.com/watch?v=Jan0xAJXel8


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Vigilia con Papà

Mano nella mano: lui, io. La notte.
Sul viso fredde spine: congiuntura
di fiato e lacrime di tramontana.
Vado, calpestando le ombre della luna
postata tra la vasca e il frangitore.
I mandarini, addobbo per i rami
d'alberi di Natale bambacioni.

In cielo lumini, in terra una stella.
Il monachello campanaro affascia
agresti e prìncipi nel piano.

Bacioni e buccellato in sacrestia:
stanotte son mielati i compaesani.
Dinanzi a tutti, fanciulli appancàti
con gli occhi grandi e petali dintorno.
La campanella trilla nell'annunzio:
«Puer natus est nobis et Filius datus...!!».

Cala la tela, il vento riscalda:
squaglia la neve sopra Mongibello.
Mano nella mano... Padre e Bambinello.



Versi e foto di  Leo Sinzi


PER NON DIMENTICARE LA LINGUA SICILIANA

Si ricorda che la violazione del diritto d'autore (copyright) è perseguibile legalmente



sabato 29 novembre 2014

Voscenza binirica




Voscenza binirica

Aieri mi nni jvu, a passu 'i nannu,
sutta 'u palazzo di lu re nurmannu;
nto chianu - comu mi 'nsignò Voscenza -
cu nomi ri ligènna: "Indipendenza".

Bannèri ò ventu, 'n testa a 'na ciumàna:
«vulemu cincu liri, la simàna!!».
Nte manu: marranzànu, trummùni,
panàri cu cachì, ova e  limuni.

Ju, mischinazzu, riùnu ri tri gghiòrna,
a lu vuciànti rissi: «nun mi torna:
cu quattru liri licchi lu mustazzu;
ju e li me' figghi 'n vucca pruvulazzu».

«'Na muffuletta - sarda a mari: schitta -
si m'arrjalàti nun sarìa minnìtta».
Voscenza rrìri? 'I cani m'assaiàru,
mancu fussi la vurpi nto puddàru.


Versi di Leo Sinzi (zio-silen)

Per ascoltare questa poesia declamata dal suo autore clicca:
https://www.youtube.com/watch?v=cJvQkWaBVW8


PER NON DIMENTICARE LA LINGUA SICILIANA
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Vostra Eccellenza mi benedica

Ieri sono andato, con passo di vecchio,
sotto il palazzo del re normanno;
nella piazza - come m'insegnò Vostra Eccellenza -
con nome di leggenda: "Indipendenza".

Bandiere al vento, in testa a un fiume umano:
«vogliamo cinque lire a settimana!!».
In mano: marranzani, tromboni,
canestri con cachi, uova e limoni.

Io, disoccupato, digiuno da tre giorni,
all'urlatore ho detto: «non mi torna:
con quattro lire puoi leccarti i baffi;
io e i miei figli in bocca solo polvere».

«Una pagnotta - sarda a mare: scondita -
se la donate non andrà sprecata».
Vostra Eccellenza sorride? I cani m'avventarono,
manco fossi la volpe nel pollaio.

Versi di  Leo Sinzi

Si ricorda che la violazione del diritto d'autore (copyright) è perseguibile legalmente.

mercoledì 24 settembre 2014

Ombre di nero opaco


Ombre di nero opaco

Spettri vacanti
gridi nella notte.
Suggello labbra esangui. Le faville
suicide nella stanza.

Un occhio brilla: Selene;

la sua teda brucia
insana.

Sonnambula sui tetti
sbieca, sfatta. Immane
non indugia, ella rifratta.
In attrazione liquida
domani.
Invade la mia casa

le ombre sfratta.


Versi di  Leo Sinzi

Si ricorda che la violazione del diritto d'autore (copyright) è perseguibile legalmente.

sabato 16 agosto 2014

Tassa r'attàssu



Tassa r'attàssu

Li tassi ri 'na vota mègghiu assai
ri mmèrnu sempri 'n sonnu... vìgghia mai

ma la munnìzza cu lu fetu forti
- nivi o sciròccu - arruspìgghia 'i morti.

'A tassa fumiràra s'arrimìna,
pitìttu havi... e mancia cchiù ri prima.

Vacanti, 'a genti, havi vucca e panza:
s'inzònna pisci friscu, ri paranza.

Li cristi vònnu pani da lu Re.
"Manciàssiru la tassa, a tinchitè".

 'Sta gran minciàta arricògghi spàssu.
'Un sàpi, 'u crastu, ch'è tassa r'attassu.





Fantasioso scherzo in versi di  Leo Sinzi (zio-silen) ambientato in un mondo distopico, nel tempo di mezzo.

PER NON DIMENTICARE LA LINGUA SICILIANA

domenica 6 luglio 2014

Cuntu: "Tasse d'attasso"



Mio padre buon’anima, prima di trapassare, pensò bene di redigere un testamento olografo con il quale destinò al sottoscritto la sua amata casetta tra i boschi di Ficunda: borgo medievale lambito da un rigagnolo che avrebbe mandato in sollucchero anche Palazzeschi. Mai avrei immaginato che quella leggiadra dimora dal tetto aguzzo circondata da un verde praticello con il passare dei giorni si sarebbe trasformata, come in un film degno del miglior Sam Raimi, in una terrificante bocca dalle labbra d’iroko: versione sicula, queste ultime, della porta di Rodin.

L’orrore comincia quando decido di affittare il bilocale ereditato.

Giacomino, il mio vicino di pianerottolo - soprannominato “Scibile” da alcuni compaesani e “Pallista” da altri - cui mi rivolgo per una “consulenza”, con grande sicumera mi consiglia di optare per il regime della “cedolare secca” strumento fiscale che, nonostante l’aggettivo, gronda, a suo dire, di enormi vantaggi per la categoria dei locatori.
Espletati gli adempimenti preliminari, mi godo per qualche mese le modeste entrate assicurate puntualmente dall’inquilino.

A giugno di quell’anno Giacomino, novello Marchese de Sade, nell’aggiornarmi sulle ultime imprese del suo Pit Bull Terrier, lascia cadere nel discorso due paroline: “scadenze fiscali”, che percorrono i miei neuroni con la potenza di una scarica elettrica da mille volts. Al primo attimo di sbandamento subentra una profonda angoscia che mi spinge a salutare frettolosamente l’interlocutore per catafottermi su internet alla ricerca di istruzioni. Le trovo sul sito della Compagnia dei Bianchi, benemerita Confraternita, che un tempo preparava spiritualmente i condannati alla forca. Così apprendo di dover partecipare ad una sorta di caccia al tesoro con una serie di prove da superare ed una miriade di indovinelli da risolvere. Premio finale: bollettino bordato oro fornito dalle Poste.

- Prima tappa con indovinello: scegliere tra le aliquote del 18% e del 21% valutandone i pro ed i contro. In entrambi i casi l’Imposta sarebbe stata partorita dal 100% del canone annuale.

A quel punto mi sento il "tesoro" in tasca: mi appresto a liquidare l’intero ammontare della tassa.

"Troppo facile!!" grida nella mia testa, con tono inclemente, l’organizzatore della caccia.

- Seconda tappa con calembour: versare un acconto. Non del 10, del 30 o magari del 50%, come se dovessi acquistare una volgare automobile: l’acconto della Cedolare ammonta al 95%.

Cerco di farmene una ragione, non riesco, m’inalbero.

Mi rassereno e cerco di versare quel 95% in unica soluzione. Vengo stoppato dal solito direttore dell’agenzia organizzatrice che mi ingiunge di ripartire il misterioso importo in due rate: la prima, da corrispondere a giugno, pari al 40% del 95%, la seconda, a novembre, pari al 60% del 95%.

Mi illudo di essere vicino al traguardo ma le nubi tempestose di un’ulteriore prova differita si profilano all’orizzonte: annoto a caratteri cubitali sull’agenda il saldo del 5% del 100% da versare a giugno dell’anno successivo (perché?! perché?!).

Fine caccia: arraffo il bollettino e mi precipito all’Ufficio postale.
Lo “Spicciafaccende” proprietario della pergamena con i turni quotidiani mi attribuisce, ghignando, il numero 378. Rinuncio per tre giorni di seguito, al quarto mi accollo una coda di 167 persone e, finalmente, verso l’imposta “sostitutiva” di altri balzelli sui quali è meglio non addentrarsi.

Mi rilasso leggendo sul sito del Club "Aedi variegati" i commentatori, nonché poeti, post-moderni.

Intanto si fa luglio dell’anno successivo.

Incontro nelle scale condominiali l’amico “Scibile” che come una sveglia ritardata comincia a squillare tutte le mie colpe di evasore fiscale. "Sì, è vero!" ammetto; "a giugno ho scordato di versare lo stramaledetto saldino del 5%".

Mi cospargo il capo di cenere e alle due del mattino mi piazzo innanzi all’Ufficio Tasse Imposte e Affini per presenziare al rito propiziatorio delle sette ore di fila.
Alle nove in punto, puntuale come un cronometro svizzero, l’usciere apre alla folla.
Me la cavo con qualche livido e la giacca a brandelli. Raggiante, riesco a raggiungere la stanza del funzionario preposto al “ravvedimento operoso”.
La gentile signora, impegnata al telefono, mi fa cenno di sedere. “Scusi un minutino” mi dice. Obbedisco mentre il sudore cola copioso lungo la schiena. Quarantanove primi e trentasette secondi dopo, la cortese impiegata sfodera un sorriso a settantadue denti e con voce suadente sussurra: “in che posso esserle utile”. Espongo la questione con dovizia di particolari e ricevo in cambio un foglietto sgualcito contenente la procedura da seguire ed un “buongiorno” che non ammette repliche.

Esco brandendo quel pizzino come un imperatore il suo scettro.

Leggo ed eseguo.

In soli cinque giorni riesco a compilare il modello prestampato nei cui cieli celesti inserisco:

l’imposta dimenticata;

gli interessi legali ottenuti, tramite calcolatrice ad energia atomica, in base ai diversi tassi legali sfornati dal giorno del misfatto a quello della remissione del peccato. Il tutto incrementato di addizionali varie e moltiplicato per i giorni decorsi;

la sanzione nella misura ridotta determinata da una sfilza di fortunate combinazioni previste dal legislatore (bontà sua).

L’approdo allo sportello postale reca l’ebbrezza di una festa dionisiaca, ma Bremont – Genio e protettore laico dei fiscalisti – con bizzarria tipica degli Esseri magici, ha in serbo l’ennesima beffa: la “macchina” rifiuta i codici indicati nel “pizzino”. L’addetto suggerisce di tornare alla “Sorgente” per abbeverarmi di nuove verità rivelate.

Mi sento frastornato: le tempie battono in controtempo con il cuore, i ginocchi urlano di dolore, le gambe s’ammollano. Chiamo al cellulare il “pallista” nella speranza che possa accompagnarmi al Pronto Soccorso. Arriva in un battibaleno. Lungo il tragitto trovo la forza per confidargli l’intenzione di donare la casetta genitoriale all’Ufficio Imposte Tasse e Affini: “se la sbrighino Loro” sentenzio. “No! Non lo fare!” grida allarmato Giacomino, “ti denuncerebbero per violenza privata”.



Cuntu di  Leo Sinzi

Ogni riferimento a persone o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

sabato 28 giugno 2014

Billiemi in alabastro di Volterra



Billiemi in alabastro di Volterra

Arabescato marmo di Billiemi
in lembi d'ubertosa bocca. Incanto
di terra arata al seminare stringe,
abbraccia nell'epilogo l'albore.
Malìa di quel gorgoglio di rugiada
che scorre sopra cosce d'alabastro.



Versi di  Leo Sinzi

 

lunedì 28 aprile 2014

Lu martèddu (Il martello)



Lu marteddu

'A màchina 'mbriaca nni fa 'na cutuliàta.
Firùti? Sì! du' frati? Marteddu... 

e su' sanati.

Sfardàta ntra li carni, Vinirina,
scippata r''a puisia.
Un filu ri carbuni supra un fogghiu
- un battitu ri cigghia -
'a paci si la pigghia.

Curcatu nta la saja, u' zappaturi;
'u sangu so' 'bbivìra mannarìni.
«Lu tempu astùta 'u focu...».
Si chiànci 'stamatina.

Càuci nta la panza,
pì quattru ficupàli,
ru Principi ô carusu.
«Lu fattu è nicu, 'un vali!»

Un corpu ri marteddu...
pî sminchiuliàri 'u mali.


Versi e foto di Leo Sinzi (zio-silen)

Per ascoltare questa poesia declamata dal suo autore clicca:
https://www.youtube.com/watch?v=GNVzZyBCLF4

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La macchina ubriaca fa stramaglia.
Feriti? Due fratelli? Martello

e son sanati.

Straziata nelle carni, Venerina,
piagato il suo bel canto.
Un filo di carbone sopra un foglio
- un battito di ciglia -
la pace se la piglia.

Disteso nel canale un contadino;
abbèvera, di sangue, i manderini.

«Il tempo spegne il fuoco...».
Si piange stamattina.
Calci dritti alla pancia,
per quattro fichidindia,
dal Principe al bambino.
 
«E tenue! allor non vale».
 

Un colpo di martello
per far del male al male. 


Versi e foto di Leo Sinzi





PER NON DIMENTICARE LA LINGUA SICILIANA

La raccolta, su YouTube, delle poesie in vernacolo di Leo Sinzi (zio-silen) si trova qui:

mercoledì 23 aprile 2014

Ovu di Pasqua



Ovu di Pasqua

L'ovu cchiù beddu vogghiu accattàri
cu 'na surprisa: occhi pì taliari
'a  luminara tornu a 'na Crucidda. 


'U Figghiu mori. 'U Patri s'abbicìna,

manu nta manu 'n celu si Lu porta.
Dici: «li viri? sunnu mischineddi
('a stissa carni, cancia 'u ciriveddu): 


sciarri, catunii, guerra ntra li genti
cu ferru, focu, granni patimenti.
Ancora 'un sannu - tempu è di pàsciri  -
ca l'Omu è mortu p'iddi rinàsciri».



TRADUZIONE PER I NON SICULI 


Uovo di Pasqua

L'uovo più bello voglio comprare
con la sorpresa: occhi per guardare
la luminaria intorno alla Croce.

Il Figlio muore. Il Padre s'avvicina,
mano nella mano in cielo se Lo porta.
Dice:  «li vedi? sono poveretti
(stessa origine, mille diversità):

baruffe, scontri, guerra tra le genti
con ferro, fuoco, grandi patimenti.
Ancora non sanno - è tempo di nutrirli -
che l'Uomo è morto per loro rinascere».




Versi e foto di  Leo Sinzi

Si ricorda che la violazione del diritto d'autore (copyright) è perseguibile legalmente.

domenica 13 aprile 2014

Armuzza janca



Armuzza janca

"Lu mègghiu" s'arruspìgghia 'nto sò lettu,
nta gàggia mai ci va . L'armùzza janca
ca manu ritta strinci lu pricettu
e cu la manca battulìa lu pettu.

Cca, nuddu è tintu. Pensu: semu 'a mari!.

Arrubbaddìni e scassapagghiàri
accussì sunnu: caprìcciu 'i natura.
'Un t'abbiliàri, nenti si p
ô
 fa',

'a curpa è sempri ri la società.


Versi di  Leo Sinzi (zio-silen)

Per ascoltare questa poesia declamata dal suo autore clicca:
https://www.youtube.com/watch?v=7uNvhX1L-yw

VERSIONE PER I NON SICULI

Anima bianca

"Il migliore" si sveglia nel suo letto,
in gabbia non va mai. L'anima bianca
con la mano destra stringe il precetto
e con la manca si batte il petto.

Qua nessuno è cattivo (siamo a mare!).
Rubagalline e scassapagliai
così sono: capriccio della natura.
Non t'angustiare, niente si può fare,
la colpa è sempre della società.


SLANG PANORMITA

"Lu mègghiu": Soggetto che, in certi ambienti, riscuote grande ammirazione per le sue "gesta".

"Semu a mari": Siamo in una situazione senza vie d'uscita.




PER NON DIMENTICARE LA LINGUA SICILIANA

venerdì 4 aprile 2014

Cu rici nca lu carciri è galera...





Cu rici nca lu carciri è galera...

Ju Vittima; lu cori miu è galera.
Chianciu, mi sbattu oggi comu ajeri.

Macari 'u Re - omu ri sintimenti -
leva 'u parocchi, a latu si talìa,

lìbira, araciu araciu, i malamenti,
'ndùltu e amministìa 'ì runa a mia.


(Dedicata alle vittime dei reati. Vittime dimenticate.)


Versi e foto di  Leo Sinzi (zio-silen)


Per ascoltare questa poesia declamata dal suo autore clicca:

https://www.youtube.com/watch?v=qZcYEldvuNU



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giovedì 27 marzo 2014

Il falco




 Il falco

Lamenti, gridi ancestri
nella notte. Le labbra
sono esangui. La sibilla
di marmo. Nella stanza
un occhio brilla: è il falco 

viene a prendere i domani.




Versi di  Leo Sinzi

Foto di Fabiuss

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mercoledì 19 marzo 2014

Cuntu: "Bollettini di guerra"



Bollettino n.1
24 agosto 2006
Ore 6:30 PM

La Washingtonia di via Indovina, collocata al centro della carreggiata da geniali Urban Designers del secolo scorso – considerata specie protetta dalle contumelie degli automobilisti (più di una volta hanno rischiato di beccarla in pieno) –, è stata abbattuta. Il Punteruolo rosso, nella sua guerra dichiarata alla città, ha considerato obiettivo prioritario tale monumento ambientalista, procedendo quindi ad attaccarlo dall’alto, con ondate successive di blatte volanti, e distruggerlo. Il Consiglio della Società dell’Inazione, per ricordare ai cittadini tale dolorosa perdita e muoverli alla lotta con spirito vendicativo, ha deciso di mantenere sul posto cotanto ceppo. Schianti di moto ed auto sono stati dichiarati “accettabili danni collaterali”.



Bollettino n.57
8 settembre 2008
Ore 11:45 PM

Nella vasta pianura della Zisa si è combattuta una delle più cruente battaglie tra gli schieramenti contrapposti. L'esercito dei Coleotteri Famelici, acquartierato da giorni all'ombra di Castel di Palma, alle prime luci dell'alba – disvelata l’arma segreta (i possenti rostri) – ne ha assaltato le postazioni meno coriacee.
La Divisione “Rincofori rugginosi” è riuscita ad infiltrare Commandos Larvali nelle prime linee nemiche, infliggendo duri colpi alle avanguardie degli Entomologi.
I luminari, rinserrati nella fortezza con il grosso delle truppe, si sono eroicamente difesi rovesciando calderoni di insetticida bollente sugli assalitori.
La Purpurea Armata, perse le ali, ha sospeso le ostilità per riorganizzare le fila. Nel ritirarsi si è accanita sulle Cocos che, armate di noci a grappolo, presidiavano il fossato del maniero. Le tapine, spogliate di ogni lanceolato vestimento e crudelmente sventrate, sono decedute tra pozze di linfa ed atroci sofferenze.



Bollettino n.196
30 aprile 2012
Ore 00:15 AM

Giornata di indicibili patimenti per la popolazione (arborea) palermitana. Tre colonne di mezzi corazzati del Punteruolo, con manovra a tenaglia, hanno attaccato le pacifiche Phoenix che - folto ciuffo al vento - battevano nelle aiuole del Politeama. Le note del Volo del calabrone di Korsakov, in fuga dal Teatro occupato (tanto per cambiare), hanno demoralizzato i veterani del Genio Anticurculio chiamati ad approntare valide difese.
Il Settimo Reggimento Fitosanitario, dopo aver opposto una timida resistenza, ha abbandonato i fusti di “Nervosin” – nome in codice "Vaffan-punto" – sul campo di battaglia e si è ritirato in ordine sparso.
Gli osservatori dell'o.n.u. (operatori nettezza urbana) hanno manifestato viva preoccupazione per la carenza di generi di prima necessità (rastrelli e ramazze), invitando i belligeranti ad una tregua per consentire la raccolta delle povere foglie cadute.



Bollettino n.625
13 gennaio 2013
Ore 3:20 PM

I violenti scontri, avvenuti sul lungomare di Mondello, tra l’Indomita Calandra e gli Incursori della Ma(nf)rina che hanno cercato di annichilirla, si sono chiusi, ancora una volta, con la sconfitta di questi ultimi.
Alcune antenne del Reparto Telegrafisti Parassiti ed una dozzina di Pupe Amazzoni, ormai in decomposizione, giacciono sulla spiaggia antistante lo Stabilimento balneare in una raccapricciante ammucchiata con migliaia di tronchi orribilmente mutilati. Brandelli di teste chiomate ancora piovono sul mare fattosi marrone. L’Amor proprio dei Baroni alla guida dei combattenti nostrani, constatata la disfatta, è morto di crepacuore.
La colonna di panze-r pulitori dell’AMIA (Armata Migrante Iatmul Astenici) è stata bloccata dagli A(s)cari che, stipulato un patto di mutua assistenza col Contingente Eukaryota di stanza nella Foresta della Real Favorita, hanno schierato strategicamente le batterie di contratti d’appalto scaduti.



Bollettino n. 1269
4 novembre 2013
Ore 12:00

Alle ore 5:00 a. m., le Corazzate di Punteruolino il Terribile hanno bombardato la costa panormita.
I Palmizi giganti schierati tra Capo Zafferano e Capo Gallo , decimati dalle “granate masticanti”, sono in rotta; mentre le Palme nane, di guarnigione sulle montagne della Conca d’Oro, sono al collasso.
Il CORIFA (Comando Ricercatori Falliti), ha cercato di contrastare l’invasione con le Bolas a frammentazione multipla - da tempo sperimentate, in segreto, dai residenti - fallendo miseramente.
I Responsabili T. D. C. dei Laboratori, nottetempo, hanno sostituito le tecnologiche attrezzature con vecchi telai meccanici per la produzione intensiva di bandiere bianche.

Sarà l’arma risolutiva???





Cunti di  Leo Sinzi
Foto di Fabiuss

Si ricorda che la violazione del diritto d'autore (copyright) è perseguibile legalmente.

venerdì 7 marzo 2014

venerdì 28 febbraio 2014

Surfararu


Surfararu


S'addummiscìu lu suli 'sta matìna.

Chi bedda sinfunìa: pìcchiu, duluri -
terra surata e sangu - scupittàti -
viddani 'ncatinàti - paci 'n guerra.

Cantannu - lèggiu - di lu pani amaru,
'u ventu si pigghiò lu surfararu.
S'annàcanu muréddi di rispettu;
stràscinu nuci, d'oru l'ancilèddu.

Chianci, cerca risettu, 'u cacanìru;
aspietta luminàra... 'i ràggia aggìgghia.

Chistu è lu fattu: 'u suli 'un s'arrivìgghia.

Versi di Leo Sinzi (zio-silen)

Per ascoltare questa poesia declamata dal suo autore clicca:
https://www.youtube.com/watch?v=Ita8MJyqfsw

PER NON DIMENTICARE LA LINGUA SICILIANA

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VERSIONE  PER NON SICULI


Zolfataro


Si è addormentato il sole stamattina.

Che bella sinfonia: lamento, pena -
terra sudata e sangue - fucilate -
braccianti 'ncatenati - pace in guerra.

Cantando - piano - di quel pane amaro
il vento portò via lo zolfataro.
Vanno d'ambio i morelli all'occasione;
carretto in noce, d'oro il cherubino.

Piange, cerca conforto, il cacanido;
attende luminaria e... d'ira agghiaccia.

Questo è il fatto: il sole non s'affaccia.






Versi e foto di  Leo Sinzi

Si ricorda che la violazione del diritto d'autore (copyright) è perseguibile legalmente.

venerdì 14 febbraio 2014

'Na vota 'a Vucciria




'Na vota 'a Vucciria

Zú Ciccu, 'un cugghiunati, c'aviti?
Chi su' 'sti luccicuna ca spanniti?
Don Peppe, a vossia ch'è bonu e caru
vegnu e ci cuntu 'u fattu paru paru:

stavu 'nta 'na vanedda, a' Vucciria,
un paradisu 'n terra era pi' mia.
'nto Cuntinenti ivu a travagghiari
p'i picciriddi pi' darici a manciari.
Passanu l'anni e 'u cori rici: torna!
A "Sant'Antoniu" la me' notti agghiorna.
Scinnutu lu scaluni... chi spaventu!
Sugnu orbu e macari nun ci sentu?
Nun sentu li stigghiola friccicari,
lu purpu, 'u pisci vivu è 'n funnu o' mari,
'un c'è frittula e mussu. E  rascatura... nenti!
E l'abbanniata, unn'è? Unn'è 'a me' genti?
Mi vogghiu arruspigghiari: asciutti su' 'i balati!
Restanu sulu lacrimi salati.



Foto e versi di Leo Sinzi

Per ascoltare questa poesia declamata dal suo autore:
https://www.youtube.com/watch?v=e0pStkJ7u0s

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    • Una volta la Vucciria
    • Zio Ciccio, non coglionate, che avete?
    • Che sono 'sti lucciconi che spandete?
    • Don Peppe, a Voi che siete buono e caro
    • vengo e racconto il fatto paro paro:
    • abitai in un vicolo, alla Vucciria,
    • un paradiso in terra fu per me.
    • Nel Continente andai a lavorare
    • per i bambini… pane da mangiare.
    • Passano gli anni e il cuore dice: torna!
    • Sceso lo scalone... che spavento!
    • Sono orbo oppure non ci sento?
    • Non sento li "stigghiola" friccicare,
    • il polpo, il pesce vivo è in fondo al mare,
    • non c'è "frittola" e "musso". E "rascatura"... niente!
    • E l'"abbanniata" dov'è? Dov'è la mia gente?
    • Mi voglio svegliare: asciutte le "balate"!
    • Restano solo lacrime salate


    Versi e foto di  Leo Sinzi

    Si ricorda che la violazione del diritto d'autore (copyright) è perseguibile legalmente.