giovedì 23 febbraio 2017

Eri più bella della più bella della scuola



Eri più bella della più bella della scuola

Gesù, quanto ho creduto
nel lucida labbra.
Non ho mai creduto
nei diminutivi, nei vezzeggiativi ma, Gesù,
il lucida labbra...
una laguna, un’oasi, un paradiso, un miraggio,
il riflesso di un miraggio.
Ma erano solo le luci, i faretti appesi, gli specchi,
era tutto un gioco, il riflesso di un gioco.
Ma eri più bella della più bella della scuola.
Avevi gli scaldamuscoli ai polpacci.
I fianchi fatti apposta per essere cinti,
il collo per essere sfiorato.
Eri atletica
più atletica della più bella della scuola.
Avevi un unico neo
ed era bellissimo.
E ho creduto tutto quello che ho potuto
in un pomeriggio, l’ho visto riflesso
nelle tue labbra per un attimo.
Se m’avessi baciato sarei morto.
Invece è morto il pomeriggio,
sepolto nella sera.
Rinasceva primavera. Il Carnevale
si portava via la mia maschera
e insieme a lei me.
Ma era il riflesso di me. Ora lo so,
ed eccomi qui.



Versi di Stan

Foto di Leo Sinzi (zio-silen)

domenica 19 febbraio 2017

La confessione di Gerardo


La confessione di Gerardo

L'inverno al parco è gelido, fumoso.
Aspetto sulla solita panchina...

ad Olga ho stretto il collo stamattina.
 

Don Alfio, vai di fretta?
Vorrei parlarti della decisione
che ho preso.
- Quale decisione?
Di liberarmi... di una confessione
per presentarmi, candido, alle stelle.
 

- Vieni domani. (L'ombra giace
agonica). Sarò lì, pronto
dentro la canonica.
«...»

Don Alfio con la stola ed il messale
chiude la tenda del confessionale.
Io m'inginocchio, prendo ad elencare
cadute, vizi, perversi delitti
di serial killer, quale sono e fui.

Filo di voce, rubicondi sprizzi:
- Ego te... absolvo... a peccatis... tui...


Personaggi:

Gerardo: voce narrante, serial killer, marito di Olga.
Don Alfio: sacerdote, amico di Gerardo, presunto amante di Olga.
Olga: moglie di Gerardo, presunta amante di Don Alfio.



Esercizio poetico di Leo Sinzi/zio-silen. Come base: il pregevole racconto noir di Pierluigi Terra (Lorens) "Il vizio delle Stelle" pubblicato il 23 Novembre 2016 nella Vetrina del Club dei Poeti.  
_____________________________________

Il vizio delle stelle

Premessa

Forse un pensiero interpretabile attraverso una fede importante. E’ come un credo vissuto in due diverse ottiche.

Gerardo

Ogni notte un uomo solo con i suoi cani guarda le stelle. Seduto come sempre sulla panchina del parco con a fianco Black ed Argo. Egli osserva il cielo e le sue luci. A volte gli sembrano immagini diverse dalla sera precedente come una fotografia che assume discordanti proiezioni in base all’inquadratura ed angolazione.
Gerardo è un sognatore amante delle stelle. La sua è un’attrazione fatale alla quale ormai non può più rinunciare. Quando guarda quelle luci nel buio della notte, avverte come una sensazione di serenità, quasi che il segreto della vita fosse contenuto ed originante da loro. Egli non ha una fede. Non crede a nessuna religione. Per lui i dogmi sono solo dottrine tutte uguali, come delle storie avvenute con dei protagonisti a cui ognuno è libero di dare il peso di credibilità che vuole, riconoscendone il legame e la fede in Dio.
Le stelle sono il cruccio della sua vita, un’esistenza ora in solitudine dopo la perdita di Olga, la compagna che amava più di tutto. La sua speranza è quella di intravederla nello spazio tra le stelle, quasi come un nuovo gemito stellare che possa rivelargli la verità accogliendolo nel giardino dell’eternità.

Black & Argo

Black è un pastore belga bellissimo, il cui manto nero è lucido e splendente. Argo ha sempre le orecchie dritte, è un pastore tedesco a pelo lungo sempre pronto al gioco. Sono cresciuti insieme Black ed Argo e quando Gerardo li vide per la prima volta fu subito amore. Erano due cucciolotti di alcuni mesi alloggiati al canile da pochi giorni e in attesa di adozione.
Dopo la scomparsa di Olga, i due nuovi amici erano diventati per Gerardo una compagnia importante, il cui affetto reciproco era il migliore elisir possibile per superare la solitudine creatisi due anni prima.
Spesso Gerardo parlava con Black ed Argo quando osservava le stelle, e loro sembravano ascoltarlo.
Ogni notte egli commenta quelle luci nel cielo narrando leggende, ipotesi, teorie scientifiche, misteri, profezie di arcana origine e quant’altro. Destano per lui molta curiosità i “buchi neri”, quei temibili mangiatori di materia stellare capaci di distruggere galassie e formarne delle altre. In proposito Gerardo si è anche documentato per saperne di più, concludendo, che il cielo osservato potrebbe essere finto o ingannevole. Probabilmente molte stelle sono già morte mentre la loro luce deve ancora giungere a noi.
Di sovente quando pensa a tutto questo, si sente impotente, smarrito come un granello di sabbia nel deserto. E’ quello il momento in cui abbraccia Black ed Argo per proteggerli dai pericoli e dal mistero della vita, come un papà tende a fare per i propri figli.

Don Alfio

Una mantella nera con un cappuccio cammina sulla ghiaia del viottolo. Ogni sera l’ombra appare nel parco e si ferma.
- Anche stanotte sei qui a mirare le tue stelle …
Gerardo abbassa lo sguardo e sorride.
- Quando vieni a trovarmi in canonica? Ti aspetto per dirti cose importanti.
- Don Alfio, le cose che vuoi dirmi hanno il solito suggerimento di fondo.
- Non voglio convincerti a trovare la fede nel Crocifisso, vorrei solo parlare con te delle cose che mi raccontava Olga.
- Olga era credente, io no.
- Gerardo, come puoi dubitare dell’esistenza di Dio guardando il cielo? L’universo e l’infinito non possono avere altre spiegazioni.
- Il tuo credo è solo un comodo rifugio di speranza per quando giungerà inesorabile la morte, un’apparente serenità della mente nell’illusione dell’eternità. Quando tu, come tutti, sei in standby per una bara e giungerai prima o poi, al checkin con la morte.
- Mah! Allora dimmi perché continui a fissare le stelle ogni notte? Quali risposte speri di avere?
- Non cerco sentenze o riscontri dal cielo.
- E quindi, cosa ti aspetti di ottenere?
- Forse un nuovo incontro, una nuova vita.
- Con Olga?
Gerardo non risponde più. I suoi occhi fissano il vuoto. Una lacrima scende dagli occhi ora arrossati dall’emozione.
- Gerardo ascolta: la tua Olga è felice in cielo e ti aspetta.

L’anniversario

Quel giorno Gerardo aveva lasciato l’ufficio prima del solito orario serale. Voleva fare una sorpresa. Così poco prima di pranzo tornò a casa con un bel mazzo di rose rosse. Quando giunse davanti l’uscio, egli aprì lentamente la serratura per non farsi sentire. Mentre camminava per il corridoio pianissimo sentì dei gemiti provenire dalla camera. Incuriosito di più, si avvicinò alla porta d’ingresso e vide una scena che lo segnerà per sempre. Da una spiraglio del battente socchiuso, scorse la sua Olga riflessa nel grande specchio, gemere di piacere in posizione ginecologica mentre un uomo era su di lei in affannosa ricerca dell’orgasmo. Quasi non volle credere ai suoi occhi. Fece due passi indietro e senza farsi sentire ritornò verso la porta di casa. Aprì l’uscio lentamente e se ne andò via quasi correndo per le scale incredulo di ciò che aveva appena visto. Poi, s’incamminò verso il parco e si mise seduto sulla solita panchina a guardare le stelle, piangendo e gridando di dolore, tra i conati di vomito irrefrenabili.
Rimase lì per diverse ore, come attonito, smarrito e inebetito.
Dopo, ma quasi improvvisamente, decise di ritornare a casa come se nulla fosse accaduto, con il sorriso e le rose per l’anniversario.
Quando giunse a casa, Olga lo accolse con molto calore ed entusiasmo.
- Ti sei ricordato! Grazie amore, sei un vero tesoro! Voglio metterle subito nel vaso con l’acqua per non farle appassire.
Olga si allontanò verso la finestra muovendo il fondoschiena come una modella durante un défilé.
- Non è venuto nessuno a trovarti, oggi?
- Perché doveva venire qualcuno, caro?
A quel punto Gerardo non seppe più resistere. Senza dire più nulla si avvicinò ad Olga e l’abbraccio da dietro. Poi lei si girò e prima di ricevere un bacio, le mise le mani al collo e strinse forte. Lei cercò di divincolarsi, ma la forza di Gerardo con quella stretta alla gola, le fecero quasi subito perdere i sensi mentre lui stringeva sempre di più.
Il corpo era ancora caldo quando Gerardo la mise nel sacco condominiale e l’andò a seppellire in brughiera, un posto vicino ad un casolare abbandonato, dove la terra era soffice e facile da smuovere per fare una buca di due metri.

Chi l’ha visto

Anche la trasmissione della Federica Sciarelli s’interessò del caso. Il corpo non fu mai ritrovato e Gerardo non confessò l’omicidio. Così, sia la Procura che la Magistratura, dovettero chiudere il caso per mancanza di indizi e prove. Gerardo fu interrogato molte volte, e nonostante la pressione degli inquirenti, egli rimase sempre lucido senza mai cadere in contraddizione.

Chi era l’uomo con Olga?

Gerardo ricordava solo una cicatrice a forma di sette sulla gamba sinistra, così, come si rifletteva allo specchio. Egli era fuggito senza vedere la faccia di quell’uomo. Forse in quel momento neanche gli interessava sapere chi fosse, il dolore e lo sgomento furono troppo forti.

L’Idraulico

Quell’estate era di caldo insopportabile. Anche Black ed Argo boccheggiavano per l’afa e l’umidità in balcone all’ombra.
Gerardo fu costretto a chiamare l’idraulico per risolvere una perdita d’acqua dal sifone del lavandino al bagno. Tanta era la perdita che chiuse il rubinetto generale. Quando arrivò l’idraulico suonando il citofono e presentandosi, per Gerardo fu come una liberazione.
-Guardi, l’accompagno al bagno dove dal sifone c’è una copiosa perdita d’acqua. Forse sarà la guarnizione.
-Mi ricordo bene di questa casa. Sono venuto già altre volte per delle riparazioni. Conoscevo bene la signora Olga.
-Ah, davvero! Olga non mi parlò mai di rotture idrauliche o sostituzioni di tubi.
-Una volta venni a sostituire i flessibili del boiler. Vede, sono quelli lì in alto.
-Ah, vedo … vedo.
-Potrebbe aprire il rubinetto generale un momento. Vorrei vedere l’intensità della perdita.
-Subito!
Non appena l’acqua cominciò a scorrere, un getto dal sifone colpì in pieno le gambe dell’idraulico bagnando i pantaloni della tuta.
-Chiuda, chiuda, ho capito tutto!
L’idraulico si ripiegò i pantaloni zuppi d’acqua scoprendo le gambe nude e i sandali con i piedi.
In quel mentre ritornò Gerardo dalla cucina dopo aver chiuso la valvola generale.
-Accidenti è tutto allagato!
-Occorre cambiare tutto il sifone. E’ vecchio e c’è troppa ruggine. Ora si montano quelli di plastica resistente.
Mentre l’idraulico parlava, l’attenzione di Gerardo si posò sulla figura professionale dell’uomo, zuppo di acqua e bagnato fin quasi alla cintola dei pantaloni.
-Tenga questo canovaccio e provi ad asciugarsi.
L’uomo ringraziò e prese a strofinarsi le gambe con il tessuto. Proprio mentre si asciugava gli arti, Gerardo notò un particolare raccapricciante sulla gamba sinistra dell’uomo. Dal polpaccio si evinceva una sinistra cicatrice a forma di sette. Il ricordo di quel terribile giorno tornò subito alla mente come una fotografia impressa e perseguitante per sempre.
-Ecco, il sifone nuovo è installato e possiamo provare a riaprire l’acqua.
Gerardo si avviò in cucina per riaprire la valvola generale e ritorno in bagno con un coltello a punta affilato.
-Vede, la perdita d’acqua non c’è più. E’ tutto a posto.
L’uomo non ebbe neanche il tempo di girarsi quando la lama gli passò la gola di lato squarciando la carne in profondità. Il sangue iniziò a sgorgare come lo zampillo di una fontana. Pulire tutto fu davvero un impegno difficile. Ogni goccia fu lavata via e tutti gli stracci intrisi di sostanza ematica, furono bruciati al caminetto sotto gli occhi di Black ed Argo. Gerardo temeva ancora di più le perquisizioni e gli attenti esami di quelli del RIS. Poi, di nuovo un sacco condominiale raccolse la vittima per la sepoltura in brughiera vicino ad Olga.

La confessione

Un cielo stellato quella notte d’inverno nel freddo gelido e fumoso del parco sulla solita panchina.
-Don Alfio, dove vai così di fretta senza neanche salutarmi?
-Ehilà Gerardo, ero così preso dalle preghiere che non mi sono accorto della tua presenza. Scusami …
-Volevo dirti di una decisione che ho preso ieri.
-Quale decisione?
-Vorrei confessarmi.
-Davvero? E come mai?
-Vorrei presentarmi pulito di fronte alle mie stelle.
-Quando vuoi tu. Anche domani, se ne hai voglia, mi troverai in canonica come sempre.
Gerardo si presentò all’indomani mattina di buonora. Aveva una sguardo sereno. L’aspetto di una persona distesa con la certezza di liberarsi di un peso troppo oneroso ancora da sostenere. Egli non voleva il perdono o l’assoluzione dai suoi peccati, ma soltanto che un amico lo ascoltasse senza giudicarlo per il crimine commesso. E per lui Don Alfio era la persona giusta di chiesa, un uomo che da sempre era per lui una cara, sincera, affezionata presenza; l’uomo che per volere di Olga, celebrò il loro matrimonio di fronte all’altare con la sposa in abito bianco.
Don Alfio accompagnò Gerardo al confessionale. Quanto il prete entrò dentro e chiuse la tendina, Gerardo s’inginocchiò e cominciò a parlare. Fu proprio in quel momento che Don Alfio si chinò un attimo per grattarsi la cicatrice a forma di sette sulla gamba sinistra …

 Pierluigi Terra (Lrens)


Foto di Leo Sinzi (zio-silen)


lunedì 13 febbraio 2017

I giorni della rosa


I giorni della rosa

Erano i giorni della neve e della volpe bianca
i giorni dei lupi affamati
ti vedevo in ogni lampo di brina
in ogni foglia, offrivo
le mie prede ancora calde nella bocca

l’abetaia risuonava di risocomplice a distanza

Erano giorni di cuore e di foresta
una vastità di alberi potenti, di suoni
un mesto solitario scorrere d’acqua
erano giorni selvaggi, senza muri
di ladri sconfinati e di orizzonti mobili

i giorni vissuti per schiudere la rosa 



Versi di Franca Canapini

Foto di Leo Sinzi/zio-silen

giovedì 9 febbraio 2017

Richiami


Richiami

Non ha suono l'aria
nè fremito la foglia
l'uccello non ha trillo
nè voce il mare
che non risvegli in noi
un ricordo, un cenno
una parola.



Versi di Melany

Foto di Fabiuss

mercoledì 8 febbraio 2017

Parliamo di cicoria


Parliamo di cicoria

Radicchio, catalogna, cicorione.
Nel campo insieme, simili e diverse:
grugnetto, pisciacane, gambarossa…

Il fiore è azzurro, la radice grossa
grassa, a fittone. La foglia lanceolata
poche frastagliature, un po' appuntita
minuscola peluria, abducente
stelo rossastro, eretta, liscia. Al dente

gentile da gustare negli inverni.
 
La radicale umida d'umori
morbida, succulenta. 
Sfiziosa coi cicciòli e la polenta.

Terreno arato, germoglio assicurato!
Migliori le arature a fine estate.

E quando, ultimata la raccolta,
assaggio la "pelosa"
condita sol con olio e sale fino
il suo sapore sento, sopraffino.
E levo ad essa il calice di vino.






Riduzione in versi (con esercizio di personalizzazione) di Leo Sinzi/zio-silen del pregevole racconto di Fred, pubblicato il 7 Febbraio 2017 nella Vetrina del Club dei Poeti. 
 _______________________________

Cicoria


Parliamo di cicoria.
In genere tutte le varietà che normalmente sono coltivate possono nascere anche in modo spontaneo o per meglio dire selvatico, tuttavia quando si parla di cicoria di campo, questa è la descrizione che trovo sulle confezioni di sementi, ci si riferisce ad una tipologia specifica classificata scientificamente col nome di cichorium intybus. La caratteristica sicuramente più qualificante della famiglia è il fiore azzurro e la grossa radice a fittone. Tra le cicorie vanno quindi inserite le varie qualità di radicchio, e la catalogna o cicorione che dir si voglia ma non il tarassaco anche se morfologicamente simile.
La cicoria di campo è in realtà un insieme di varie piante tra loro diverse anche se simili. La tradizione popolare è in questo caso assai più completa di quella che è la nomenclatura scientifica ed in ogni regione le varie cicorie hanno appellativi che le differenziano in modo molto più specifico. Grugnetto, pisciacane, gambarossa…. Sono nomi talvolta usati per distinguerle tra loro.
Di seguito mi permetto di descriverne le caratteristiche non con lo spirito del botanico o del naturalista ma molto più semplicemente con la velleità di chi avvezzo alla cucina crede di coglierne le differenze gastronomiche. I nomi che userò sono, o tentano di essere, il più possibile esplicativi.
Un detto popolare del volgo rurale di Umbria-Toscana dice che la buona cicoria deve essere, al contrario delle belle donne, bassa grassa e pelosa. Non mi permetto di convalidare il giudizio sulle belle donne ma mi associo pienamente al detto per quanto riguarda la cicoria. Volendo quindi distinguere tra le varie caratteristiche posso identificare:
Foglia larga con poche frastagliature verde pelosa aderente al suolo (Pelosa)
Foglia molto frastagliata ma poco appuntita liscia aderente al suolo (Grugnetto)
Foglia larga con frastagliatura minuscola peluria ispida non aderente al suolo (Cresposa)
Foglia stretta molto frastagliata e lanceolata con lo stelo rossastro (Gambarossa)
Foglia stretta frastagliata eretta liscia . (Liscia)
Ovviamente dal punto di vista gastronomico anche la stagione ha la sua importanza in estate a meno che non ci si trovi in montagna la cicoria è più ispida e amara in inverno al contrario se il freddo non è eccessivo si possono gustare le cicorie migliori specialmente nella parte radicale morbida e succulenta anche se a causa del freddo che brucia parte delle foglie la percentuale commestibile è davvero minima. In primavera si hanno i germogli freschi e teneri ottimi anche crudi così come dopo le piogge autunnali quando la produzione è forse la maggiore anche per le arature di fine estate. Su terreno arato le cicorie nascono e si sviluppano più facilmente e sono considerate dagli agricoltori di professione come piante infestanti. Io che mi considero un agricoltore dilettante uso invece arare il terreno e lasciarlo libero proprio per permettere alle cicorie e per la verità anche ad altre “misticanze”: sprame, crispigni, rapastrelli, papaveri, ramoracci, borragini, tarassaco,…. Di potersi sviluppare liberi dalle erbacce.
Lo so definire erbacce le erbe non commestibili o non gradevoli non è dal punto di vista naturalistico molto corretto ma ho premesso che il mio punto di osservazione è in cucina e da lì la distinzione è inevitabile.
Tornando alle sub-varietà del cichorium intybus posso dire che a mio parere esiste una gerarchia di qualità che al di là delle caratteristiche climatiche coincide con l’ordine con cui le ho elencate.
Talvolta, quando ultimata la raccolta procedo alla pulitura, seleziono le varie cicorie e quando la percentuale di quella che chiamo “pelosa” è sufficiente la cucino separatamente. Bollita strizzata e condita con olio, sale(poco), e qualche goccia di limone si ottiene quello che secondo me è uno dei piatti più buoni che la natura ci offre. Quando, succede raramente, non viene consumata tutta il mattino successivo non vedo l’ora di alzarmi per far colazione con due fette di pane farcite con l’avanzo della sera precedente divenuto se possibile ancora più buono, e non mi permetterei mai di violentare questa cicoria ripassandola in padella con aglio e olio come invece si può fare con le altre ottenendo anche in questo caso sapori eccellenti.
Da quanto detto il massimo dei massimi si ha quando in inverno sotto la neve si possono raccogliere, e non è facile come a dirlo, i caspi di cicoria pelosa nata in autunno con la maggior parte delle foglie bruciate dal gelo e con una buona parte della radice tenera e addolcita dal freddo.
Da parte mia dallo scorso anno sto cercando di selezionare i semi delle due qualità a mio parere migliori, non esistendo in commercio sementi specifiche.
Fatemi gli auguri.

Racconto di Fred

Foto di Leo Sinzi


FOTO RACCONTATE DA LEO SINZI QUI: https://passeggiateitaliane.blogspot.com/

martedì 7 febbraio 2017

Quasi in te


Quasi in te

Solo premesse disgiunte s’abbandonano ai piedi dei nostri sinceri trascurati intenti

parli quasi come se scrivessi bene e per forza si dovesse leggere tutto d’un fiato

menti scarificano unioni attese promesse omesse o messe o farse venefiche serpi
strisciano poi genti in tracollo cloni d’ansia droni elevazioni su altari che restano là
per un diversivo una proiezione dell’io su altrui liftati orizzonti l’anima si darebbe
ma io volo oltre in sicurezza nell’aria rarefatta sfido stratosfere e certe involuzioni
appena vivo appena impregno i miei giorni dei giorni per fecondare giorni più duri


ragionavi snobbando il silenzio stracciato fra i denti ai confini di mutismi frastornanti
a venire lembi certi anfratti inospitali ventri schizzi abbozzi storpi ricordi respiri fluttui
scorci di cielo brina sputi urla da vomito percosse agli insulti da sembrare quasi schianti
su quei ritorni dimessi quasi reali appena il filo logico s’aggroviglia su una testa che suda
viscida come gli inverni che ti sbattono la foga sulla faccia quasi da sembrare afa d’estate

la strada è così cieca da non scorgere il diramarsi di viscere oscillare dalle nudità degli alberi

retromarcia
retroamore
retrobianco
retroattiva
retrotrasuda
retrofollia

scordato l’oblio già t'inghiotte la notte a sangue
viola il porpora e di rigetto l’impazienza attendi
il crepitio dell’odore dentro e dentro ed entro
ed esco


Versi di scoriaindustrial

Foto di Leo Sinzi/zio-silen

venerdì 3 febbraio 2017

Australia Dai


Australia Dai*

Acciuuu`!!! Di getto starnutisco:
melaleuca aprono pallide spore.

Passano i giorni, passano gli anni
passano i cani, cani al guinzaglio
senza museruola furtivamente
cacano sull’erba da taglio.

La falciatrice aspetta:
rossa. Down Under
dove le tarantole sono larghe
come la mano sinistra di Carnera
e più letali.

Terra di sotto, ho rifatto
la fenza dopo vent’anni
e “stu`cuncritu cca`ciu`fici io`”.

Ho scordato la tarantella
“I can’t swing the sheila” col GPS
ogni tanto mi perdo.



Versi di Sal Gen aka A.Sal.One


* Nota esegetica tratta dall'intervento dell'autore - datato 3/2/2017 - sulla Vetrina del Club dei Poeti.
Il 26 gennaio di ogni anno e` l'Australia Day, e milioni di australiani festeggiano la giornata nazionale. A me, ogni anno è toccato di lavorare.
Se leggi Day con pronuncia italiana ne esce fuori Dai che in italiano vuole dire forza (dai), e qui si spiega
il titolo.
Per i termini "fenza" e "cuncritu" vedere le parole inglesi fence and concrete. Praticamente sono state sicilianizzate dai "paesani" che vivono qui, molti anni fa ormai.
Il verso in siculo/oriundese e` molto usato qui dai "paesani" che cercano sempre e disperatamente di ridurre
l'erba da tagliare nel front yard ('a "yarda" davanti).

giovedì 2 febbraio 2017

Un soffio di vento alla fermata dell'autobus


Un soffio di vento alla fermata dell'autobus

Gesti armoniosi:
dipinge parole
su immaginaria tela.
Africo, alle sue spalle,
gonfia l’ampia gonna
sopra tornite cosce 

ricamate.

L’autobus tarda
raddoppia la mia attesa...
arriva prima il vento ad esibire
il quadro incorniciato dalla veste:
"vernice" di due natiche dipinte
dal sole, e un filo azzurro.


Si accorge del mio sguardo,
maliziosa,
per nulla imbarazzata mette giù
quel lembo, len ta men te
come a sotto-linearsi compiacente.
Poi prende al volo il quindici
barrato ed in un batter d'occhio se ne va.
Mi sa di aver sbagliato la rincorsa:
lo zero/due sorpassa... ed è l'ultima corsa.



Esercizio poetico di Leo Sinzi/zio-silen. Come base: il pregevole racconto breve di Indio
pubblicato  il 31 Gennaio 2017 nella Vetrina del Club dei Poeti.
______________________________________________
 Un soffio di vento alla fermata dell'autobus

Gesticolava armoniosamente verso l’amica, come pittrice di parole narrate su una immaginaria tela.
Il vento, alle sue spalle, si divertiva con l’ampia gonna, gonfiandola e rigonfiandola fin sopra le ricamate cosce.
L’autobus tardava e la mia attesa si fece doppia: intonai la Danza del Vento…e arrivò prima il vento
a scoprire un quadro incorniciato dalla sua stessa veste.
Catturai quei pochi istanti, "vernice" di due natiche dipinte dal sole e un filo azzurro che separava il mondo.
Si accorse di me
ricambiò lo sguardo malizioso
sorrise e, per nulla imbarazzata,
mise giù quel lembo di veste lentamente.
Molto len ta men te,
come a voler sottolineare la compiacenza di quanto aveva mostrato.
Poi elegantemente salì sul quindici barrato e con lui si allontanò.
Ancora una volta avevo sbagliato qualcosa:
aspettavo
lo zerodue
...ed era l’ultima corsa.



Racconto breve di Indio

Foto di Fabiuss