lunedì 26 novembre 2018

I misteri dell'Oratorio


Tiepida mattina di Novembre sui Monti Sicani. Novecentosedici anime, un pugno di case in pietra, una piazzetta, una chiesa con attiguo oratorio: è il mio paese; o meglio il paese divenuto "mio" dopo il collocamento a riposo per raggiunti limiti di età.

Nel quotidiano tampasiare per strade, vicoli e cortili (ordine del medico), mi imbatto in uno striscione che attraversa, da marciapiede a marciapiede, il Corso e pubblicizza una mostra fotografica nel vicino Oratorio di S. Elena e Costantino: ex luogo di culto, oggi in mano pubblica, destinato dal Sindaco ad attività istituzionali non meglio specificate.

Ecco!, mi  dico, chista è l'occasione buona per visitare il piccolo edificio sacro, reso famoso dai meravigliosi affreschi di Guglielmo Borremans. Dipinti che narrano episodi della vita dell'Imperatore Costantino e di sua madre Santa Elena.

Controllo 'a machina fotografica, compatta e post-analogica, felice di poter condividere con gli internauti più affezionati le immagini di quel gioiello solitamente inaccessibile ai comuni amanti dell'arte.

Mi accingo a superare l'andito che immette nto curtigghiu dell'oratorio, quando un solerte impiegato - impeccabile divisa blu, ciuffo spiovente sul lato destro della fronte e baffetti a spazzolino - mi ferma e mi invita a passare sotto una sorta di forca caudina che definisce "metal detector".

Come sempre mi succede in queste situazioni, e senza un picchì, entro in agitazione: il cuore parte al galoppo e gli orecchi si tendono in attesa del verdetto dell'infernale strumento.

La sirena rompitimpani invece tace misericordiosa e mi risparmia l'umiliazione degli sguardi impietosi ed inquisitori di tutti gli astanti. Per un attimo mi assale il dubbio che la fibbia della mia cintura griffata, garantita acciaio inox misto titanio, sia solo volgare plastica.

Scaccio quel malevolo pensiero, poco riguardoso dell'elegante boutique cinese che mi ha venduto l'accessorio, e mi incammino verso la scala che conduce all'oratorio sopra l'androne.

Sul primo gradino si materializza una graziosa figura femminile: chioma corvina, sguardo leggermente corvino valorizzato dal mascara e dal kajal decisamente corvini, divisa d'ordinanza corvina... nonsi, blu. 

La guida istituzionale, in un viri e sviri, vola al mio fianco e mi conduce tra i pannelli della Mostra.

Timidamente sbircio la volta e le pareti alla ricerca di un panneggio, di un sandalo, di una spada forgiata dalla mano del maestro fiammingo. Nulla traspare dal buio pesto che avvolge gli affreschi: i potenti fari puntati sulle fotografie escludono ogni divagazione.

In preda allo scoramento sto per arrendermi, quando decido di giocare la carta del fascino maschile: con voce suadente e sorriso a trentadue denti chiedo il permesso di un paio di ottimistici scatti verso quelle tenebre. "Senza flash, pì carità!" mi affretto a puntualizzare.

La mia accompagnatrice si fa scura anche nel volto, sembra offesa dall'indecente proposta, anzi di più: scandalizzata.

"Non si può!" mi dice con tono che non ammette repliche... "ragioni di sicurezza".

Mi sento colpevole, un nodo stringe la gola... Mogio mogio guadagno l'uscita scrutato da irridenti telecamere.

Sotto il frontone seicentesco mi soffermo a chiedermi quali segreti di Stato saranno disseminati tra gli innocenti colori della "Visione di S. Elena e Costantino" o nella "Battaglia di Ponte Milvio"; per non parlare del "Sogno di Costantino" che lascia presagire frotte di onirici codici cifrati; "L'ultima cena" poi, quali messaggi criptografati nasconderà tra le vivande?

Perso tra i misteri dell'Oratorio vado a sbattere contro un turista in entrata: lo guardo e mi sembra di riconoscerlo... ma sì! è proprio iddu: Dan Brown... o macari no.




Cuntu e foto di Leo Sinzi (zio-silen)


Luoghi e personaggi sono frutto della fantasia dell'autore.

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