sabato 1 settembre 2018

SABBA



I nuovi barbari, con l'avvento dell'estate, escono dal letargo degli animaloidi, rimuovono polvere e ragnatele dai loro strumenti di tortura, lasciano le invernali caverne e mafioseggiano per spiagge e campagne.

Le loro origini sono ben note: le contrade palermitane, nel lontano 445 d. C., vennero invase dai loro proavi (ben più civili degli epigoni) che, per circa 90 anni, ne fecero  luogo di scempio e rovina. Per lunghi secoli - dopo essere stati cacciati a "carcagnàti" - i loro geni rimasero in sonno, fino a quando gli effluvi  della "munnizza" sparpagliata lungo le arterie costiere,  superata la soglia dell'umana tolleranza, hanno innescato l'oscuro  processo che (ahinoi!!)  ha portato al loro risveglio.

Le orde, rinvigorite dalle ombre della sera, annunciano la loro terrificante presenza lanciando il grido di guerra: "prova... prova... prova... alza i bassi, equalizza gli acuti".  Il capo branco, con sadica efficienza, spia gli inermi "cristiani" che si apprestano al meritato riposo: poche ore di ristoro sottratte ad intere giornate di duro lavoro. Al chiudersi dell'ultima tapparella, un "jocu ri focu" di cacofonie - che solo gli acefali possono spacciare per canzoni - vengono sparati nell'aere ad investire una superficie di svariati chilometri quadrati e rovesciati sugli increduli malcapitati con effetto supplizievole. Un repertorio che spazia dai neomelodici alle canzoncine per bambini, passando per il pop rock anni '60 in salsa italica, viene proposto, in versione osteria, da energumeni (spesso brilli) privi di  pudore, dignità e senso civico che, arraffato il microfono, straziano le orecchie dei seviziati villeggianti con asinine emissioni sonore, lupeschi ululati, scatarranti gorgoglii e gutturali mugugni. I "mischini" che azzardano qualche protesta - illudendosi che ancora la libertà personale finisca dove comincia quella altrui - vengono sommersi da grugniti in fà maggiore che li disperdono malconci, inducendoli a rifugiarsi in novelle catacombe ove poter svolgere clandestinamente e in pace il meraviglioso esercizio del silenzio.

Il Parlamento di recente ha approvato una legge contro la tortura che contempla pene fino a dodici anni di reclusione... prevediamo enormi retate.


Alle Vittime dei barbari dedico questi versi, dai radi richiami ottocenteschi, che alludono all'immutabilità della barbarie nel tempo:

SABBA

Tenebre in pena sorgono dai lampi
del tramonto. Freddo ai lamenti l'empio
alza il sipario al mondo. Sprezza il Silenzio
i Sogni. Nel sabba si confonde.

L'orda selvaggia s'agita
al suono dei tamburi
raglia - alla voce, ronda -
ulula in controdanza.

L'aria di sdegno vibra, trema
l'ulivo e l'olmo. Lascia il nido l'allodola
l'ala distende attonita.

Nere vampire scrutano anime ignave, perse.
Miasmi le menti annebbiano, viscere
son riverse. Baccanti di Dionisio
- civette per precetto - ballano
scinte. Al dio offrono fianchi e petto.

Stretta la mano all'oro, il reprobo
s'intana, scaracchia, stona in coro
(bella canea di pari!) il suo peana.

L'insonne invoca il Cielo: "un segno". Se ne duole.
S'affaccia solo il sole. Sarà messo di pace?

Nell'alba stralunata la frotta ancora
canta, sguazza nel brago (o stia?)
s'ammuta... poi ricanta.



Cuntu, versi e foto di Leo Sinzi (zio-silen)


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