mercoledì 8 febbraio 2017

Parliamo di cicoria


Parliamo di cicoria

Radicchio, catalogna, cicorione.
Nel campo insieme, simili e diverse:
grugnetto, pisciacane, gambarossa…

Il fiore è azzurro, la radice grossa
grassa, a fittone. La foglia lanceolata
poche frastagliature, un po' appuntita
minuscola peluria, abducente
stelo rossastro, eretta, liscia. Al dente

gentile da gustare negli inverni.
 
La radicale umida d'umori
morbida, succulenta. 
Sfiziosa coi cicciòli e la polenta.

Terreno arato, germoglio assicurato!
Migliori le arature a fine estate.

E quando, ultimata la raccolta,
assaggio la "pelosa"
condita sol con olio e sale fino
il suo sapore sento, sopraffino.
E levo ad essa il calice di vino.






Riduzione in versi (con esercizio di personalizzazione) di Leo Sinzi/zio-silen del pregevole racconto di Fred, pubblicato il 7 Febbraio 2017 nella Vetrina del Club dei Poeti. 
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Cicoria


Parliamo di cicoria.
In genere tutte le varietà che normalmente sono coltivate possono nascere anche in modo spontaneo o per meglio dire selvatico, tuttavia quando si parla di cicoria di campo, questa è la descrizione che trovo sulle confezioni di sementi, ci si riferisce ad una tipologia specifica classificata scientificamente col nome di cichorium intybus. La caratteristica sicuramente più qualificante della famiglia è il fiore azzurro e la grossa radice a fittone. Tra le cicorie vanno quindi inserite le varie qualità di radicchio, e la catalogna o cicorione che dir si voglia ma non il tarassaco anche se morfologicamente simile.
La cicoria di campo è in realtà un insieme di varie piante tra loro diverse anche se simili. La tradizione popolare è in questo caso assai più completa di quella che è la nomenclatura scientifica ed in ogni regione le varie cicorie hanno appellativi che le differenziano in modo molto più specifico. Grugnetto, pisciacane, gambarossa…. Sono nomi talvolta usati per distinguerle tra loro.
Di seguito mi permetto di descriverne le caratteristiche non con lo spirito del botanico o del naturalista ma molto più semplicemente con la velleità di chi avvezzo alla cucina crede di coglierne le differenze gastronomiche. I nomi che userò sono, o tentano di essere, il più possibile esplicativi.
Un detto popolare del volgo rurale di Umbria-Toscana dice che la buona cicoria deve essere, al contrario delle belle donne, bassa grassa e pelosa. Non mi permetto di convalidare il giudizio sulle belle donne ma mi associo pienamente al detto per quanto riguarda la cicoria. Volendo quindi distinguere tra le varie caratteristiche posso identificare:
Foglia larga con poche frastagliature verde pelosa aderente al suolo (Pelosa)
Foglia molto frastagliata ma poco appuntita liscia aderente al suolo (Grugnetto)
Foglia larga con frastagliatura minuscola peluria ispida non aderente al suolo (Cresposa)
Foglia stretta molto frastagliata e lanceolata con lo stelo rossastro (Gambarossa)
Foglia stretta frastagliata eretta liscia . (Liscia)
Ovviamente dal punto di vista gastronomico anche la stagione ha la sua importanza in estate a meno che non ci si trovi in montagna la cicoria è più ispida e amara in inverno al contrario se il freddo non è eccessivo si possono gustare le cicorie migliori specialmente nella parte radicale morbida e succulenta anche se a causa del freddo che brucia parte delle foglie la percentuale commestibile è davvero minima. In primavera si hanno i germogli freschi e teneri ottimi anche crudi così come dopo le piogge autunnali quando la produzione è forse la maggiore anche per le arature di fine estate. Su terreno arato le cicorie nascono e si sviluppano più facilmente e sono considerate dagli agricoltori di professione come piante infestanti. Io che mi considero un agricoltore dilettante uso invece arare il terreno e lasciarlo libero proprio per permettere alle cicorie e per la verità anche ad altre “misticanze”: sprame, crispigni, rapastrelli, papaveri, ramoracci, borragini, tarassaco,…. Di potersi sviluppare liberi dalle erbacce.
Lo so definire erbacce le erbe non commestibili o non gradevoli non è dal punto di vista naturalistico molto corretto ma ho premesso che il mio punto di osservazione è in cucina e da lì la distinzione è inevitabile.
Tornando alle sub-varietà del cichorium intybus posso dire che a mio parere esiste una gerarchia di qualità che al di là delle caratteristiche climatiche coincide con l’ordine con cui le ho elencate.
Talvolta, quando ultimata la raccolta procedo alla pulitura, seleziono le varie cicorie e quando la percentuale di quella che chiamo “pelosa” è sufficiente la cucino separatamente. Bollita strizzata e condita con olio, sale(poco), e qualche goccia di limone si ottiene quello che secondo me è uno dei piatti più buoni che la natura ci offre. Quando, succede raramente, non viene consumata tutta il mattino successivo non vedo l’ora di alzarmi per far colazione con due fette di pane farcite con l’avanzo della sera precedente divenuto se possibile ancora più buono, e non mi permetterei mai di violentare questa cicoria ripassandola in padella con aglio e olio come invece si può fare con le altre ottenendo anche in questo caso sapori eccellenti.
Da quanto detto il massimo dei massimi si ha quando in inverno sotto la neve si possono raccogliere, e non è facile come a dirlo, i caspi di cicoria pelosa nata in autunno con la maggior parte delle foglie bruciate dal gelo e con una buona parte della radice tenera e addolcita dal freddo.
Da parte mia dallo scorso anno sto cercando di selezionare i semi delle due qualità a mio parere migliori, non esistendo in commercio sementi specifiche.
Fatemi gli auguri.

Racconto di Fred

Foto di Leo Sinzi


FOTO RACCONTATE DA LEO SINZI QUI: https://passeggiateitaliane.blogspot.com/

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