sabato 30 dicembre 2017

Il freddo di fine settembre


Il freddo di fine settembre

Naufraghi sopravvissuti alle onde, noi
figli di antiche tempeste, in quella stanza
appesa sul niente come fosse teatro
ad aspettare un richiamo, una voce, un pensiero
dopo l'amore. Nulla dal blu
non serpi né sirene di seconda mano.

Vivevamo l'amore nascosto
forma di noia bastante a se stessa.
Ci era sfuggito il momento, il tutto e subito
che non potevamo più permetterci
in quella fine estate deserta. Abitavamo
settembre come fosse Times Square
a Natale, ognuno parlando la propria voce
ai tronchi portati a riva, alle alghe
strappate alle rocce.

Chele di granchio e pezzi di sughero
a comporre fantasie impossibili dopo
l'ultima mareggiata. Intuivo i nostri passi
farsi orma accarezzata dall'acqua, poi
come promesse di amanti, scomparire.

Un sole magro vestiva la mano
stesa ai tuoi capelli. Così finì la storia.
Solitudini avverse non si fecero unisono.
Negli occhi è la tua figura nuda
di schiena, rannicchiata in silenzio
tra le lenzuola sfatte. Sulla pelle
nessun freddo da chiedere “ti prego
coprimi, amore”.



Tratti del racconto breve di Saverio Cristiani (gricio) evidenziati ed assemblati da Leo Sinzi (zio-silen) - con finalità di esercizio poetico - nel suo commento in calce al racconto medesimo, pubblicato sulla Vetrina del Club dei Poeti il 14 dicembre 2017.

Foto di Leo Sinzi (zio-silen)

martedì 5 dicembre 2017

Uora uora arrivàu 'u ferribotti


"Uora uora arrivàu 'u ferribotti" sussurravano, dandosi di gomito, nella grande Pianura all'avvicinarsi di quella coppola, di quei pantaloni di velluto a coste, di quella valigia di cartone chiusa con lo spago. Sussurri che scimmiottavano l'espressione sicula così ricorrente sullo Stretto, resa emblema in un mondo di nebbiose visioni antropologico-culturali.  Oggi, la frase è disusata ma la valigia di cartone è attualissima.


Natali a Milanu 
(Uora uora arrivàu 'u ferribotti)

Rosi 'i Natali, un tarì
tri mazzi. Addàuru spinusu
ntra li vrazza. Aggramignàru
'u greggi ò pastureddu. Si nni fuìu
lu voi cu sciccareddu. Sgriddatu
l'occhiu santu, 'u Picciriddu
talìa lu munnu.

Beppe è furibùnnu chi curtigghiàri
'n chiazza a ciuciuliàri. Lu pittirrussu
'un voli cantari. Mariuzza, matri
figghiòla spiciali, 'u pugnu grapi:
muddichèddi e sali.

Stralùci 'u celu, l'ùmmira
s'avanza: zampugna, acqua frisca
ammara-panza. La nivi janca,
linna ri piccati, arrùssica
ri passi scunsulati.

Versi di Peppino Cinà aka Leo Sinzi (zio-silen)

Per ascoltare questa poesia declamata dal suo autore clicca:
https://www.youtube.com/watch?v=BxrtIAgFzLg

___________________.
VERSIONE PER I NON SICULI

È arrivato il ferry-boat
Canto natalizio di una palermitana disoccupata
a Milano

Rose di Natale, un soldo
tre mazzi. Le spine d'agrifoglio
sulle braccia. Hanno rubato
il gregge al pastorello. Se n'è scappato
il bue con l'asinello. Sgranato
l'occhio santo, il Frugoletto
osserva il mondo.

Beppe è furibondo coi linguacciuti
in piazza a sussurrare. Il pettirosso
non vuole cantare. Mariuccia, madre
figliola speciale, dischiude il pugno:
mollichine e sale.

Riluce il cielo, l'ombra in terra
avanza: zampogna, acqua fresca
"ammara-panza"*. La neve bianca,
linda di peccati, imporpora
di passi sconsolati.



*"Ammara-panza": cibi scadenti, atti comunque a riempire la pancia.



Versi di Peppino Cinà aka Leo Sinzi (zio-silen)
Foto di Fabiuss elaborata da Leo Sinzi




Video di Leo Sinzi con strumenti Paint 3D



PER NON DIMENTICARE LA LINGUA SICILIANA

FOTO RACCONTATE DAL MEDESIMO AUTORE QUI: https://passeggiateitaliane.blogspot.com/

lunedì 27 novembre 2017

La tuba marrone



La tuba marrone

Non si era mai vista una tuba marrone
in capo a una donna poi. Ma che donna!
Compariva con quella tuba nei party, in cima
agli attici dei boulevards. Nei saloni
vetrati come acquari esposti al mare
della notte, invitati ondeggiavano in piedi,
accavallavano gambe, accettavano drink
da dischi volanti.

Una sera, all’ottavo piano del Crosby Building
suonò il campanello della porta impellicciata
odorosa di rovere e patchouli. I Bodini
e il loro magnifico sorriso andarono ad aprire.

In quella fauna d’acquario, compatibile con se stessa,
la donna con la tuba era di una specie diversa,
non classificata. Non aveva simili. Parlava ritta
composta, estraeva mani scimitarre di piume,
ali amorevoli. Gli occhi erano oceani
che risaccano sulle spiagge dell’infinito,
le sue parole entravano con grazia,
portate con le dita come bocconi delicati.

La donna con la tuba non amava
i saluti, non li trovava salutari. "L’unica volta
che le scappò un addio, morì", disse una sera.

Abbiamo avuto paura. È arrivato Franzen.
Fortuna che non porta il cappello.
Quella donna, nessuno sa, eppure tutti sanno
e invece non sappiamo niente. A un certo punto
ci pare così normale e lei è così… bella
sembra amarci, come una madre
come una stagione bella. E poi scompare.
Eppure è così presente. Eppure, eppure...
qualcuno ha dimenticato un cappello.
Una tuba. Marrone.
Non si è mai vista una tuba marrone.


Esercizio di versificazione di Leo Sinzi (zio-silen). Come base: il racconto breve di Stan,
pubblicato sulla Vetrina del Club dei Poeti il 27 Novembre 2017.


Foto di Leo Sinzi 


martedì 14 novembre 2017

Un sole che non bruci, ma riscaldi


Un sole che non bruci, ma riscaldi

Si scaldano memorie quando
piove... 

Sulla collina una chitarra suona:
Monmartre di tela traboccante
fiori. Pigalle, i boulevards
gli alberghi ad ore. Al Moulin Rouge 
furore di sottane. Ed a New York 
esperimento nobile: "The street" 
con alcool, musica, puttane. 
Un'epoca schiumante, alternativa
pastello di colore... tanto swing.

Che bello il vecchio mondo
da scoprire. Oggi... che pena!
Settembre, Novembre i mesi

gli anni, scontri fuori e dentro 
morire di notizia, la paura
s'effonde. Cielo
carta, inchiostro... un muro.
 

La vita è altro, per quello che vale:
l'inverno passa sempre e
in primavera, il sole scalderà.


... pioggia autunnale.


Esercizio di sintesi e personalizzazione svolto da Leo Sinzi (zio-silen).

Come base: il componimento poetico di Domenico Sergi (Trimacassi)
"Un sole che non bruci, ma riscaldi", pubblicato sulla Vetrina del Club
dei Poeti il 13 novembre 2017.
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Un sole che non bruci, ma riscaldi


Si scaldano memorie quando piove
se una chitarra suona… è meglio
perché i ricordi volano//portano agli anni belli
quando la vita profumava d’avventura

Torna così alla mente la Parigi bohemienne
Partivano senza una lira
pittori sconosciuti a far fortuna
tutti verso Monmartre, a riempir le tele
con i colori e il genio di tanti
che poi divennero Van Gogh, Degas, Toulouse Lautrec…
La sera, lì a Pigalle, era gran festa
il Moulin Rouge suona e fa furore
con le donnine a sventolar sottane
e il mitico Can Can, a risvegliare tutta la collina

E la New York degli anni venti ?
dei liquori vietati, dei ragazzi di strada
di ‘c’era una volta in America’
storie di vita che ci fecero impazzire
distanti anni luce dalle nostre
povere cose come le raccontò, poi, Tornatore
nel suo ‘Cinema Paradiso’
Era la vita che spingeva
il tempo che schiumava
e ci portava a un’ epoca //come l’ape al miele…

Che bello ch’era il caro vecchio mondo
duro, in salita, tutto da scoprire…
Oggi… che pena !
dopo quell’11 Settembre, siamo in guerra
si muore dappertutto fuori di casa
si muore per far notizia, perché sia la paura a dilagare
Il cielo sembra carta
e noi sappiamo che la vita è altro
ed aspettiamo, che questo inverno passi
che torni, come sempre, primavera
e sorga in cielo un sole che non bruci, ma riscaldi.



Domenico Sergi (Trimacassi)

Foto di Fabiuss

giovedì 2 novembre 2017

Intervista all'Onorevoli


Intervista all'Onorevoli

Salutu l'illustrissimu Zù Vanni
trent'anni nto Palazzu ri Normanni.


"E ura", ci abbannianu l'ingrati, "statti a to' casa!!"
Iddu, 'ntrobbitu, si nni futti, abbrazza e vasa
l'amici fedelissimi: 'u parrinu, 'a figghia 'i Michilinu,
Don Cecè, 'a soggira 'i Turriddu, e poi Ciccinu
(ca porta voti e voti, e 'n canciu voli... nenti)
'ntisu, pì cugghiunàri, 'u "Malamenti".

Vossia, Eccellentissima (sospira...),
è veru ca 'sta vota s'arritìra?


Mi vulìa ritirari, largu a 'sti picciuttazzi,
ma i Siciliani 'un vosiru e ficiru li pazzi:
canziarimi 'un si po', mi pari lariu,
mi tocca fari ancora 'u missionariu.

'A Trinacria è arraggiata, nn'havi chini 'i panari.
Li meriti nun mancanu, ma è certu d'acchianari?


Acchianu di sicuru: l'autri su' minchiùna,
cu chiddi jamu a cogghiri 'i muzzuna.

E lu programma? Senta, amicu caru
immantinenti vegnu e ci l'apparu:
vogghiu arricchìri... a tutti (semu a mari!),
a mia nenti mi trasi... chi ci pari?
Ccà ci lassu li pinni, si fatica
cu spiritu 'i Vangelu (nun lu dica).

(Chi cristianeddu bonu, senza pisu.
Onorevoli 'n terra e puru 'n Paradisu).




Versi e foto di Leo Sinzi/zio-silen


I personaggi citati nel componimento sono frutto di pura fantasia.

Per ascoltare questo componimento declamato dal suo autore con diverso sottofondo musicale clicca:
https://www.youtube.com/watch?v=wErU0jnw1dQ


TRADUZIONE PER I NON SICULI

Intervista all'Onorevole

Saluto l'illustrissimo Zio Vanni
trent'anni nel Palazzo dei Normanni.

"E ura", gridano gli ingrati, "statti a casa!!"
Lui, marmoreo, se ne fotte, abbraccia e bacia
gli amici fedelissimi: il prelato, la figlia di Michelino,
Don Cecè, la suocera di Turi, e poi Ciccìnu
(che porta voti e voti, e in cambio vuole... niente)
chiamato, per celiare, il "Malamente".

Vostra Signoria, Eccellentissima (sospira...),
è vero che stavolta si ritira?

Volevo ritirarmi, largo a 'sti ragazzacci,
ma i Siciliani non vollero e fecero i pazzi:
defilarmi non posso, sarebbe scortesia,
mi tocca fare ancora il missionario.

La Trinacria è arrabbiata, ne ha piene le tasche.
I meriti non mancano, ma è certo della rielezione.

Sarò rieletto di sicuro: gli altri sono minchioni,
con quelli andiamo a raccogliere le cicche.

E il programma? Senta, amico caro
immantinente vengo e mi spiego:
voglio arricchire... a tutti (siamo a mare!),
a me niente viene... che Le pare?
Qua lascio le penne, si fatica
con spirito di Vangelo (non lo dica).

(Che cristianello buono, senza peso.
Onorevole in terra e pure in Paradiso).



PER NON DIMENTICARE LA LINGUA SICILIANA



FOTO RACCONTATE DAL MEDESIMO AUTORE QUI: https://passeggiateitaliane.blogspot.com/

martedì 31 ottobre 2017

Ha sete la terra



Ha sete la terra

O cielo
piangeranno i grandi occhi tuoi
per irrorare il terreno inaridito.
E' tanto tempo che chiede acqua!
Qualcuno dovrà pur piangere
per dissetare la terra.


(Melany) 

Immagine: Olio su tela di Melany


domenica 29 ottobre 2017

I versi sbrilluccicanti di Giovanna


Lo sento... è ancora qui alle mie spalle
il calore del tuo seno generoso.
Mi piaceva restare così
a sentire il tuo profumo
che raccontava di caffè d'orzo
alla mattina presto
di quell'olio odoroso fra i capelli
che raccoglievi in una lunga treccia.


La sera tutt'intorno ad un braciere
con le bucce delle arance messe ad ardere
e i tuoi racconti fra sorrisi e lacrime.
Chi poteva ferirci?
Chi avrebbe potuto colpirci?
Intanto assorta sgranavi il rosario
e dietro te il sole tramontava.




Versi sbrilluccicanti di Giovanna tratti dalla poesia intimista "Quando il tempo era buono", pubblicata sulla Vetrina del Club dei Poeti il 25 ottobre 2017.

Foto di Leo Sinzi (zio-silen)

venerdì 29 settembre 2017

I versi sbrilluccicanti di Ganimede



Un dito sulle labbra mi zittisce
mentre ciarlano quegli allocchi di gabbiani
li detesto (li adoro)
scherniscono le regole del passo
le code da pagare.
E va bene! Sostituirò ciottoli alla lingua
falesie d'alabastro ai crateri di ogni occhio
la pace del freddo al ribollire delle vene
finché di me non rimarrà
che un inciampo sulla sabbia nel tragitto
di un mollusco.
Solo allora avrò raggiunto la mia meta. 





Versi sbrilluccicanti di Nadia Rizzardi (Ganimede) tratti dalla 
poesia "Moules frites", pubblicata sulla Vetrina del Club dei Poeti 
il 19 settembre 2017. 

Foto di Leo Sinzi (zio-silen) 

martedì 12 settembre 2017

Una storia d'amore


Una storia d'amore

Vorrei scrivere una canzone
d’amore.
Una canzone dove ci sono due, quattro, mille,
un milione che si amano.
Un giro finito. Invece
è la giostra. Che gira
e due milioni si amano.

Arriva uno con il camice,
la maschera, la bandana e tutto il resto.
Ha guanti da rally.
Gli occhi che fanno rally
sulla giostra,
guarda quelli che si amano
a ogni giro.

Le viole sbocciano, i colori festeggiano,
le luci ridono, l’aria sospira.

Una ragazza bruna, a piedi nudi,
la camicetta bianca aperta sul seno
la gonnella nera, gli tocca la spalla,
gli offre una frittella. Hanno un buon profumo,
lei e la frittella. Gli sorride
con gli occhi smeraldo, la bocca corallo.
I lunghi folti capelli, neri. La prende
la stende. Sdraiata sul cemento,
completamente aperta, gli tocca ancora la spalla.
Sorride sempre. Il chirurgo si toglie la maschera.
Dalla giostra lo guardano,
a ogni giro,
in silenzio.

Ma questa sarebbe una storia d’amore?
Aspetta.

Il chirurgo torna ragazzo,
lascia gennaio, leva i sassi di fiume
dalle tasche, dalle spalle,
dalle ossa tutte,
spalanca la porta a vetri
sulla primavera:
"Amerò il mondo senza dire mai
ti amo".
La ragazza bruna sulla giostra gli dice "vieni
attaccati forte".
È bella, è tutta intera, il seno rosa
velato dalla camicetta,
le gambe dritte, forti, belle.

I colori festeggiano, le luci
ridono, l’aria sospira. Profuma.

Sta finendo il trimestre.

Non dirle mai ti amo.



Esercizio di versificazione di Leo Sinzi (zio-silen). Come base, il poetico racconto di Stan, pubblicato sulla Vetrina del Club dei Poeti in data 11 Settembre 2017.
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Una storia d'amore

- Vorrei scrivere una canzone d’amore.
- Ma lascia perdere.
- Una canzone dove ci sono due, quattro, mille, un milione che si amano.
- Ma non esiste.
- E che a un certo punto le cose vanno male. Ma non è, male. È un giro di giostra. Sembra tutto finito, finito male e invece è la giostra. Che gira e due milioni si amano.
- Ma lascia stare.
- A un certo punto arriva uno, un chirurgo, sembra un chirurgo perché è vestito con il camice, la maschera, la bandana e tutto il resto. Ha dei guanti da rally. Ha gli occhi che fanno rally sulla giostra, guarda tutti quelli che si amano a ogni giro. E c’è un odore, come di bruciato, come di un motore elettrico bruciato, ma va tutto bene. Tutti sulla giostra si amano e girano, girano. Le viole sbocciano, i colori festeggiano, le luci ridono, l’aria sospira.
Però c’è questo odore. E così il chirurgo si mette ad armeggiare con una centralina lì vicino, piena di cavi e corrente. Suda. Fruga. Guida le mani nell’intreccio di cavi. Stringe i denti. Guida disperato.
Ne escono frittelle.
- Frittelle…
- Già. Il chirurgo grida disperato ma una ragazza bruna, a piedi nudi, dietro di lui, con una camicetta bianca aperta sul seno e una gonnella nera, gli tocca la spalla Il chirurgo si gira, la guarda con terrore e ira, ma lei gli offre una frittella, hanno un buon profumo, lei e la frittella. Gli sorride con gli occhi smeraldo e la bocca corallo. I lunghi folti capelli, neri.
Il chirurgo, furioso, la prende, la stende e la opera. Ma non c’è niente da fare, continua a sprofondare le mani nel ventre, di lei, fruga, suda, guida come un pazzo.
- Ma è terribile.
- La ragazza, sdraiata sul cemento, completamente aperta, gli tocca ancora la spalla, gli sorride sempre.
Il chirurgo si toglie la maschera e si accorge che dalla giostra tutti lo stanno guardando, a ogni giro, in silenzio. La ragazza, sdraiata gli dice, non avere paura, vieni, entra e lui le entra nel ventre aperto come una botola, scende delle scale, giù, giù, è impossibile eppure entra dentro di lei.
Attraverso lei entra in uno stanzone, una camerata di un ospedale, non c’è nessuno, c’è un baule pieno di giocattoli e tra questi un Big Jim. Te lo ricordi il Big Jim?
- Ma questa sarebbe una storia d’amore? E le Barbie?
- Aspetta.
- Ma andiamo via.
- Il Big Jim è vestito da dottore e dice al chirurgo non hai niente, puoi andare, smetti di cercare, qui. Hai trovato tutto quello che pensavi di avere perso, o che ti fosse stato tolto, o che non ti fosse mai stato dato, puoi andare, qui non c’è più niente che ti riguardi. C’è una ragazza fuori che ti sta aspettando, ricucila e lei tornerà a posto. Sorridi, ridi, ama. Ma non dire mai ti amo.
- Perché?
- Beh, quando vuoi servire da bere a qualcuno… a qualcuna, non le dici “ti verso da bere” e te ne stai lì fermo a guardarla fissa negli occhi e continui a dirle “Ti verso un bicchiere di vino”, “È Champagne”, “Riserva” “Io ti verso tanto da bere”, e non fai niente, capisci?
- Non credo.
- Le servi da bere! E basta. E gioisci del piacere che proverà bevendo il vino che le hai versato. Non dire mai ti amo!, questo è quello che credo intendesse Big Jim.
- Senti, io devo andare.
- Ancora un minuto.
- Devo ritirare le cornici, stasera vengono gli Ambrosoli e devo ancora fare tutto. Sai, sono fiscalisti.
- Il chirurgo è tornato ragazzo, dice io esco. Lascia gennaio, leva i sassi di fiume dalle tasche, dalle spalle, dalle ossa tutte, e spalanca la porta a vetri sulla primavera, fa giusto in tempo a sbirciare la casella della posta e vedere un “Topolino” nel cellophane azzurro fare capolino. E una cartolina. Dice, fa niente, scriverò io le storie e le spedirò a tutti. E amerò il mondo senza dire mai ti amo. Si gira e la ragazza bruna sulla giostra gli dice vieni attaccati forte. È bella, è tutta intera, il seno rosa velato dalla camicetta, le gambe dritte, forti, belle.
I colori festeggiano, le luci ridono, l’aria spira. Profuma.
“Non andiamo da nessuna parte ma siamo ovunque nell’universo, siamo l’universo.”
- Ora andiamo, sta finendo il trimestre.
- Ti è piaciuta?
- Non lo so, continuo a pensare all’IVA.
- Beh, non dirle mai ti amo.
- Ma va’, va’.


Racconto di STAN
Segue nota del medesimo autore:

Ora qui il tema è esplicitato fin dal principio: l’amore. Il
desiderio di parlarne, di descriverlo, dargli forma, esprimerne
la forza e le conseguenze meravigliose che l’azione di questa
forza incommensurabile può portare.
Ne parlano due mentecatti, no sarebbe ingeneroso dar loro dei
mentecatti. Due che non sanno. Ma uno dei due prova a
inventare. E allora cerca di arrivarvi per vie oniriche e per
sottrazione: togliendo al chirurgo la maschera, la razionalità
scientifica che da sola è sterile come la sua sala operatoria, La
forza bruta che impiega con i guanti da rally, per aggiustare
tutto a tutti i costi. Senza farsi penetrare dalla dolcezza
innocente della ragazza. Anzi è lui che la penetra, sicuro della
sua ragione. Finisce che a furia di scavare arriva in una regione
remota di se stesso che aveva dimenticato, ce lo porta la
ragazza. Arriva al suo punto di dolore e alla sua origine di cui
senza più rendersene conto era andato alla ricerca per il resto
della sua vita, fino a quel momento.
Tutto questo avviene nel racconto di uno dei due personaggi,
ma avviene anche in una dimensione altra, dell’inconscio, e
questo pezzo è un ardito tentativo di far abbracciare inconscio
e realtà fatta di cornici, trimestri e iva. E di amore. Questo
grande misunderstanding.




Foto di Fabiuss

mercoledì 2 agosto 2017

Ambra lisciosa


Dolci curve, linee senza fine
la tua pelle ambrata, levigata.
Vai per i campi, amore ti conduce
e tra le spighe tosto ti accalori.

Ma ecco che una buca il cerchio impatta...
mannaggia a 'sta trazzera e a chi l'ha fatta!

 
Foto e versi di Leo Sinzi

venerdì 28 luglio 2017

Poetista

Poetista

"E` una cosa seria il poeta
che si mette le bretelle
per tirare su le pal..."

    Col cappello a tesa larga (no necesita un sombrero) la camicia da flamenco (senza pizzi, ne` merletti) le pantofole di lana (no comment, please) Il poeta cosa fa? Trallallero, trallalla`. PS:su richiesta suona la caccavella.
 SAL GEN aka A.Sal.One 
  Nota esegetica tratta dall'intervento dell'autore - datato 28 luglio 2017 - sulla Vetrina del  Club dei Poeti:
"La Poesia dell'Oh! e`incontrovertibilmente
(praticamente di gia`appurato)principalmente Satira Poetica.
Attenti agli avverbi!

Ma chi e` questo Poetista di cui si e` tanto detto,
stradetto e sparlato? Lascio a voi la risposta...NO!

Poetista = Poeta + Artista?  Questa potrebbe essere
una risposta (o una soluzione d'occasione) in cui mi 
identifico soprattutto come Precursore dell'Oh!

In altri termini "poetista" potrebbe essere paragonato
(e qui casca l'asino per alcuni) a fashionista
nella sua incezione di fan, seguace, appassionato 
dilettante, hobby maker.  E non ci sarebbe niente di male
ad autodefinirsi in tali termini, il male sta (ed e` un
grande male) nel ricusare invece tale definizione e
ostinarsi, nella piu` assoluta autoillusione, a credersi
poeti seri o addirittura grandi poeti, magari dando sfogo
al proprio sdegno se qualcuno gli fa notare il contrario.

Infine, cosi` come si fa come quando si parla di calcio
e di questa o quella squadra, il poetista piu` esemplare
e` quello che loda, e lo fa in modi che oltrepassano
il ridicolo sino a sfociare in toni da servilismo 
medievale, la poesia di altri (per lo piu` fantomatici
poeti), portandoli ad esempio di grandi poeti degni di
fama (e la loro fama potrebbe essere gia` acquisita o
potrebbero trovarsi in attesa di una fama che, 
senz'altro, prima o poi arrivera`).

Dai, siamo seri perlomeno e riconosciamo i nostri limiti,
ovviamente cominciate voi, che` io... sono in attesa".
    Sal Gen
Foto di Leo Sinzi (zio-silen)

venerdì 14 luglio 2017

Monotipo


Monotipo

La maestra è ben disposta, spiega la mezzana.

Che classe! Che fianchi!
Di poppa s'accosta, sciaborda
nell'onda. Collima, s'accima.
Al vento la gabbia d'un rosa setoso
trapunto di sabbia. Sospesa
sui gorghi è una dea.
Scivola piano, monta
la marea. Dal fondo
sale l'imperioso canto:
le figlie di Nereo menano
vanto.
Ecco l'approdo! Rende i colori.
Il fiocco a(l) collo, ed è già fuori.


Versi e foto di Leo Sinzi (zio-silen)


(Doppio senso con rime alternate, baciate, interne ed enjambement).


PER ASCOLTARE QUESTA POESIA DECLAMATA DALL'AUTORE CLICCA:

mercoledì 12 luglio 2017

Caterin-na


Caterin-na spusei cull'ommo 
che l'è ricco e galantommo.
U ga a ca'de tre surei
iun l'è ruttu, ietri ien bun:
poca robba e ratti asse'.

U ga in-na minn-na de frumento
finchè dura u garà bun tempo.

U ga due fighi de dre a ca'.
Iun l'è seccu, l'atro u n'in fa.
U ga a funtana sutto a banca
Caterin-na cossa' te manca?


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Versione per i non liguri 

Caterina sposate quell'uomo
che è ricco e galantuomo.
Ha una casa di tre piani
uno è rotto, gli altri sono buoni:
poca roba, ma tanti topi.
Ha una mina di frumento
finché dura avrà buon tempo.
Ha due fichi dietro casa
uno è secco, l'altro non ne fa.
Lui ha un pozzo sotto la panca.
Caterina, cosa ti manca?



Versi di Armida Bottini 
(pubblicati sulla Vetrina del Club dei Poeti in data 10 Luglio 2017)


Foto di Leo Sinzi (zio-silen)

venerdì 7 luglio 2017

La creta e il tempo


La creta e il tempo

Ignoto scultore, il tempo
adopera il vento per scalpello:
modella, assottiglia,
attozzisce lentamente,
e lentamente cambia il volto della terra.

Ogni vicenda umana
è altro arnese del tempo
per modellare gli animi.
Senza posa lavora, arrotonda,
ingentilisce o rafforza i contorni
con abili dita,
e mai lo soddisfa il nuovo aspetto.

Ma per quanto si affanni,
completare non può
le opere sue:
la creta, a lungo trattata,
si è indurita,
è troppo sottile,
e si frange...


Versi di Melany


Foto di Leo Sinzi

mercoledì 5 luglio 2017

L'universo a nord-est della scrivania


L'universo a nord-est della scrivania

Mura - creature al passo -
emanano riflessi in mezzo alle ombre
creano l'universo, la mia stella
tra mensole e pitture in grigio fumo.

E quando è notte giù le tapparelle
ma lascio che la luna possa entrare.
Intanto, quatto quatto, lui m'scolta
e parte - quando pigio - a spron battuto
lasciando le sue orme... che son mie.

Mi assento: mi permette lunghi viaggi
e voli che mi costano un bel niente.
Mi porta in giro, sempre più lontano
mi fa incontrare pure brava gente...

e fogli pieni - prima spazi vuoti -
di minutaglie serif... fantasie.

Nuova finestra s'apre ai preferiti:
Quasimodo sornione mi sorride
e Melo Freni in 'Dopo l'allegria'. 

Oltre la barra c'è speranza, sogno:
la fiamma accesa delle meraviglie.




Esecizio di sintesi e personalizzazione imbastito da Leo Sinzi (zio-silen).

Come base: la pregevole poesia di Trimacassi - "L'universo a nord-est..." -
pubblicata sulla Vetrina del Club dei Poeti il 3 Luglio 2017.
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L'universo a nord-est...

Per me si fanno in quattro, queste mura
come creature vive stanno al passo
simili a specchi emanano riflessi
tra luci intere, bui, mezze penombre
creano un mondo che è... il mio universo
E' qui che cerco, a volte
la mia stella, e spesso ci riesco anche a trovarla...
E intanto se ne sta tutt'addobbata
tra mensole e pitture, in grigio scuro
come fosse in partenza
in cerca di quel fumo ... d'oltremare
Ma quando è notte, la lascio rifiatare
calo le tapparelle
ma faccio che la luna possa entrare...

E intanto- lui- compito, e quatto quatto
non parla, ma mi ascolta, tutto assorto
se voglio pigio e lui compila, in men che niente
Con lui mi assento, mi apparto e mi permetto
faccio viaggi lunghi, voli pindarici
e non mi costa niente...
E' docile, mi prende per la mano
mi porta in giro, sempre più lontano
mi fa incontrare ovunque... brava gente...
Ha pure al suo servizio un inserviente
che parte a spron battuto
e cala le sue impronte:
orme che eran mie, della mia mente...

E si va avanti a riempir carteggi
- ne son già pieni in alto spazi vuoti -
di ombre minutaglie e fantasie
Sono ammucchiate, sparse e frammischiate
scartoffie e cose serie
Quasimodo sul desk mi sorride
e Melo Freni titola 'Dopo l'allegria'
-poi, sotto, in un cantuccio - un angolino
per le speranze e i sogni:
tengo la fiamma accesa per... le meraviglie...



Domenico Sergi (Trimacassi)



Foto di Leo Sinzi (zio-silen)

martedì 27 giugno 2017

I versi sbrilluccicanti di Franca Canapini



Di sasso, di pietra, di muschio
si arrende in cerchi di stupore
il mio viso di animale selvaggio
e gelsomino.
Sono la nerovestita a piedi nudi
sul teatro della Terra.




Sbrilluccicano alla lettura i versi di Franca Canapini tratti dalla pregevole poesia "Quanta luce", 
pubblicata sulla Vetrina del Club dei Poeti il 26 Giugno 2017.

Foto di Leo Sinzi (zio-silen)



venerdì 23 giugno 2017

Scoglio


Scoglio

L’aria ha vampate di pira,
incolla sullo scoglio:
un masso mastodontico, armonioso.
Riaffiora dai marosi alletargato
sotto la rena bianca e il ciottolame.
Sussulti prepotenti per svegliarsi
per conficcare in cielo la sua cima,
arroventare al sole, stemperarsi
di brezza nella sera, alla marina.
Somiglia a un cuore, rivolto all’insù,
abbandonato allo sciacquio del mare
- apposta lì - per farsi accarezzare.
Custode d'atri e voci nei tant'anni
e grida, anche silenzi. Albe ha graffiato
e lune hanno sostato sul granito.
Non si cura di nulla. Perturbabile
è il resto, anzi il restante:
l’intorno della gente che lo ammira. 




Riduzione in versi di Leo Sinzi (zio-silen) del pregevole racconto breve di Guido ja  pubblicato sulla Vetrina del Club dei Poeti in data 19 Giugno 2017.

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Scoglio 

L’aria ha vampate di pira che incolla sullo scoglio, grigiastro di granito, cresciuto a dismisura in riva al mare. E’ un masso mastodontico lo scoglio.
Armonioso però, scolpito con grande maestria, dal tempo e dalle onde.
Ogni tanto riaffiora maestoso da marosi assordanti.
Era da anni che stava alletargato sotto il bianco arenile e il ciottolame. Aspettava sussulti prepotenti delle ondate per svegliarsi dal sonno, per conficcare in cielo la sua cima canina e arroventarsi al sole, e stemperarsi di brezza nella sera, e sopportare le folate di sabbia quando il vento tormenta la marina.
E' somigliante a un cuore, punta all’insù, abbandonato apposta, a cielo aperto, allo sciacquio del mare, per farsi accarezzare.
Quante voci nasconde nei suoi atri profondi e nei suoi tanti anni; quante grida, quanta gente, quanti silenzi; quante albe ha graffiato e quante
lune hanno sostato sulla sua durezza.
Custode di segreti e di misteri. Lo scoglio è imperturbabile, non si cura di nulla. Almeno così pare.
Perturbabile è il resto, anzi il restante: l’intorno della gente che lo ammira.  


Racconto e foto di guido ja

sabato 17 giugno 2017

Anche tu, fratello


Anche tu, fratello

Ho veduto il mare
dipinto di rosa e di lillà
una mattina all'alba,
e navi dormienti ormeggiate al molo
e silenziose barche al largo,
le lampare accese;
riverberi di luci rosate
sulle case assonnate,
sui monti intorno
e un gran silenzio...
Udivo solo la voce del mare
che narrava una storia gentile
una storia d'amore,
che invitava
a godere delle piccole cose.
E sentii rinascere in me
la gioia di vivere.

Vorrei che vedessi anche tu,
fratello,
una mattina, all'alba,
il mare.
Vorrei che sentissi anche tu
il desiderio di un salutare lavacro,
e risvegliandoti al nuovo giorno
vedessi con altri occhi la gente:
rigenerata, più viva, più vera,
libera da ipocrisie,
da falsi sorrisi,
e bambini a frotte
per le strade
desiderassi incontrare
dallo sguardo limpido
e sentissi
un irresistibile bisogno di amare
di donare
ciò che non hai ricevuto.


Versi di Melany


Nell'immagine: olio sabbiato su tela di Melany 

martedì 30 maggio 2017

Torna a quei dettami...


Torna a quei dettami...

Madre di fiero e audace combattente
che generoso barattò la vita
con quella libertà da te sì ambita,
tutto oggi inficia abietto discendente:


per tornaconto, irresponsabilmente,
ha aperto nel tuo fianco una ferita,
che fa infettare a indegno parassita
inoculato prepotentemente.


Scuotiti madre, fa' vedere i denti
a chi di te vuol fare una puttana
aperta a tutt'e cinque i continenti!


Indossa nuovamente la sottana,
e torna a quei dettami antecedenti
quest'invasione scriteriata e arcana.



Mouse 


Foto di Leo Sinzi
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Questo sonetto metapoetico e polisemantico - pubblicato sulla Vetrina del Club dei Poeti il 30 Maggio 2017 -  racconta della "poesia-madre" che rischia di perdersi a causa delle aperture all'invadente new style affluente dai cinque continenti. Unica difesa: il ritorno ai "dettami antecedenti"... agli insegnamenti canonici.

Libera interpretazione di Leo Sinzi (zio-silen).

Altri vi scorgono una invettiva etico-sociale. Paradigmatico, in tal senso, il commento - in Vetrina - del valente Epitteto:

«Sonetto di invettiva etico-sociale come ai tempi corrente nell'Ottocento poetico. Il tono solenne, minaccioso e addolorato mette in evidenza le laceranti ferite di una Madrepatria colpita a morte da figli indegni corrotti e violenti.
Tornare agli antichi dettami che fecero grande e unita la nostra Nazione col sangue di martiri ed idealisti? Mah, il semplice osservare degli eventi sempre più perniciosi parrebbe sconfortare ogni ottimismo. Ma chissà, a volte gli anticorpi immunitari riescono nell'impresa di neutralizzare ed isolare le estraneità perniciose. La teoria dei corsi e ricorsi del Vico farebbe ben sperare...
Evviva allora la sottana turrita!
Testo classicheggiante di notevole fattura poetica, che mai stanca
»;


o, come Paolo C, un sentimento patriottico: 

«Condivido il sentimento patriottico che muove questo sonetto. Anche la scelta del sonetto, ovviamente, non è casuale, in quanto componimento tipico della nostra letteratura e che ha contribuito a  renderla unica grazie a illustri nostri connazionali che lo hanno usato con  assoluta maestria».



sabato 27 maggio 2017

Il Piccolo Folle


Il Piccolo Folle

Gocce - blu e rossa -
in coppa d'illusioni
mutano di colore:
melodia di una vita qualunque
da piccolo Principe. Folle
nell'intimità. 


Coprimi di baci
fingi amore. Non amarmi.
Sarò diverso? Sono
due gocce sciolte

dentro al cuore.




Esercizio di sintesi e personalizzazione ("facile, facile" e con variazione di significato: sennò che personalizzazione sarebbe?:-) svolto da Leo Sinzi (zio-silen). Come base: il pregevole componimento poetico "Il piccolo Folle" di Paolo De Martini (Dema), pubblicato sulla Vetrina del Club dei Poeti il 22 Maggio 2017.
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Il piccolo Folle
 

Sono un piccolo folle
che t'ama,
sono una goccia blu ed una rossa.
e sarà l'amore
a scioglierle dentro ad un cuore.

Sono melodia di una vita qualunque
e Principe di un amore diverso.

Sono un piccolo folle
che non ti trova
e fingo amore per non amarti.

Siamo gocce blu e rosse
costrette in un unico colore,
in una coppa colma di illusioni
sotto piogge di sensazioni.

Rendimi folle
coprimi di baci
te la renderò colma d'intimità,
sarò diverso,
non uno qualunque
e ti stringerò stretta
amica mia.

Sono un piccolo folle
che t'ama,
sono una goccia blu ed una rossa.
e sarà l'amore
a scioglierle dentro ad un cuore.




Versi di Paolo De Martini (Dema)

Foto di Leo Sinzi (zio-silen)

mercoledì 24 maggio 2017

I versi sbrilluccicanti di Guido Anselmi



E credi forse che sia nuda

Io vedo quel che tu non vedi
per completare questa stanza,
ci manca tutta la tua schiena,
e non so proprio come faccia
a illuminarsi il letto senza

la meraviglia d'esser uomo
che non conosco eppure vivo
e credi forse che sia nuda
la stessa donna che analizzi
in piedi ritta nello specchio

e non la pace e la salvezza,
la forma intatta d'un mistero.



Sbrilluccicano alla mia lettura i versi tratti dalla pregevole poesia di Guido Anselmi "E credi forse che sia nuda", pubblicata sulla Vetrina del Club dei Poeti il 24 Maggio 2017.

Chiosa e foto di Leo Sinzi (zio-silen)

sabato 20 maggio 2017

Di nuovo c'è


Di nuovo c’è

Di nuovo c’è che l’altra sera
siamo saliti tutti in piazza
perchè c’ha state lu cantante. 

Uno novo ha detto il dottore
che di queste cose s’intende:
prim’ecche ce veneva Albano
e mo’ ci sarà ‘stu Sarcìna?
Le canzoni del nuovo cidì
‘n se le cacheve nisciune 

molto meglio la chitarrina
con le pallotte il sugo finto
fatte ancora come ‘na volta.

Hanno portato fuori il Santo
da tre secoli sempre quello
e tutt’addire che bello che bello. 

Pure il prete non è del posto
lo si capisce dal latino
anche se dal pulpito strilla
sempre la solita novella.

Di nuovo c’è che le lucciole
nel prato non se ne vedono
ancora il Milan ha perduto
con un rigore che non c’era
e sul balcone del vicino
sventola (sempre) la stessa bandiera.


Versi di Frame 

Foto di Leo Sinzi (zio-silen): "Piazza Duomo con Chiesa di San Giorgio a Ragusa Ibla"

lunedì 15 maggio 2017

Precario


Di infarto talvolta non si muore... e non si vive.


Precario

È tempo di rivolta: "stigma o stemma"? *
...
Riprendo il mio cammino senza meta.
Le Stelle sono stelle. Il cielo è Cielo.
Le foglie rosse, mosse, fan paura.
La terra nuda tende braccia scure:
"sarò una culla". Guardo la mia sorte
legata a un filo. Eccomi alla porta.
La targa è d'oro. Scrissero: "Inventario".
Enumero, classifico i peccati.
Si leva un polverìo, mi manca il fiato:
respiro, non respiro... da precario.



Componimento e foto di Leo Sinzi/zio-silen 


*Verso ispirato da una lectio magistralis - risalente al 1990 - di Gesualdo Bufalino sul tema della "malattia", vissuta - nelle diverse epoche - come "stigma" ("colpa, sfregio, marchio") o come "stemma" ("insegna di nobiltà, strumento di martirio").

sabato 13 maggio 2017

I versi sbrilluccicanti di Ganimede


Se vorrai
il mondo sarà carta da giornale tra le mani
fogli di ricette a tappezzare il cuore
milioni di parole ripiegate al solo cenno.
La cura è sempre astratta
un'anamnesi di barchette e cappellini
costruiti per proteggerci dal sale.



Versi tratti dalla poesia di Nadia Rizzardi (Ganimede) "Col mare in gola",
pubblicata sulla Vetrina del Club dei Poeti il 12 Maggio 2017. 


Foto di Fabiuss/Leo Sinzi/zio-silen 

martedì 9 maggio 2017

Primavera


Primavera 

Pioggia su pietre,
vento. E' pantomima:
l’una smorza, l’altro rinforza,
gioca a rimpiattino. 


Si spegne l'ombra, cessa la tempesta:
l'aurora luminosa - una madonna -
apre le porte al cielo, annichilisce
fredde trazzere di colori ardenti.

Stretto ai vapori, pronto
il blu oltremare a fare l'occhiolino
ai picchi, ai prati, al campo degli ulivi,
alle fragranti zagare, ai giardini.

Oltre le pietre... chiudono gli ombrelli
- la madonnina s'asciuga il bel viso
col pannicello caldo: primo sole -
ed ecco le scintille alla marina

tra suoni di chitarre ed organetti
l’avidità di luce ai quattro venti.
 

Sarà più cielo in terra?

L'oriente impallidisce... c'è la guerra.




Esercizio di sintesi e personalizzazione posto in essere da Leo Sinzi (zio-silen).
Come base: la pregevole poesia "Oltre le pietre..." di Trimacassi, pubblicata sulla Vetrina del Club
dei Poeti il 4 Maggio 2017.
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Oltre le pietre...

 Pioveva ormai da giorni
senza ci fosse verso che smettesse
ed era pantomima con il vento:
quando l’uno smorzava, l’altra rinforzava
come giocassero a rimpiattino…
Poi, dopo una notte insonne
ad acqua e vento, smise.
Candida e sorridente, come una madonna
sembrò aprir le porte al cielo
mentre calmava il freddo i suoi carboni ardenti...
E tra le nuvole, lassù
iniziò a serpeggiare un blu oltremare
pronto a far l'occhiolino
ai picchi di montagna, ai prati, al campo degli ulivi
al profumo di zagare, al verde dei giardini…

Oltre le pietre
le mura, i capitelli, i campanili
si chiusero gli ombrelli
-quella madonna s'asciugò il bel viso
col pannicello caldo del primo sole-
e furono scintille per mari e per colline…
Tra suoni di chitarre ed organetti
tra clavicembali e violini
l’avidità di luce si sparse ai quattro venti
e fu trionfo di colori
e fu più cielo che terra, ancora, in mezzo a noi…


Domenico Sergi (Trimacassi)

Foto di Leo Sinzi/zio-silen

sabato 6 maggio 2017

Rimani


Rimani
 

Non andartene. Rimani.
Nessuno ascolta.
Nessuno guarda per vederci.”


Strada piena di passanti ignoti,
nell’aria quel profumo di corteccia
come nel dopopioggia.
Dai, rimani!”.

Rigirava tra le dita i peneri dello scialle.

“Senti intumidire i capezzoli? Senti il vento 

spingerti verso il mio corpo?

Era più vera della verità
più bella della favola mai raccontata
e se non mi avesse baciato sarei morto
quel mattino. Pomeriggio di poesia,
condusse a sera. Rimasi,
guardandola come nessuno, mai.


È tardi!.
(
Sarà tardi anche domani
perfino ieri sarebbe stato tardi
).

Una gugliata di carezze sugli squarci.

Dovetti andar via, di corsa, sotto i portici
col suo sapore sulle labbra.



Esercizio di sintesi e personalizzazione di Leo Sinzi/zio-silen. Come base: il pregevole componimento di Indio (vedi sotto) pubblicato sulla Vetrina del Club dei Poeti il 5 Maggio 2017.
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Rimani

“Non andartene. Rimani.
È tanto che sto zitta.
Hanno tutti fretta e nessuno ascolta.
Nessuno legge. Nessuno guarda per vederti.”

spoglia dei suoi racconti
indossò versi senza alcuna teatralità.
la osservavo come si guarda una strada pieni di passanti ignoti
e avvertivo nell’aria quel profumo di corteccia, di vita - ormai vissuta -
come nel dopopioggia o in un pianto scompagnato.

“Rimani ancora. Aspettiamo sera.”

rigirava tra le dita i peneri del proprio scialle
e smise quando chiese:

“Senti anche tu il turbamento intumidire i capezzoli, come lo sento io sui miei?
Senti anche tu il vento spingerti verso il mio corpo, come io sento il mio,
denudato da ogni pudore, verso il tuo?”

era più vera della verità
più bella della più bella favola mai raccontata
col seno fatto apposta per essere madre
e se non mi avesse baciato, su quella panchina
al freddo vento che turbava il suo seno di madre,
sarei morto quel mattino
disconoscendo la tenerezza intima dell’amore.

quante cose inutili occupavano, fino a quel momento,
il mio spazio.

leggendo poesie arrivò il pomeriggio
e questo ci condusse a sera. e rimasi, così come mi chiese,
ascoltando e guardandola come mai nessuno l’aveva vista.
poi con una gugliata di carezze cucimmo ogni squarcio.

“Adesso devi andare, è tardi.
Sarà tardi anche domani e perfino jeri sarebbe stato tardi.
Vai amore.”

e dovetti andar via, di corsa, sotto i portici tra la folla
col sapore di latte materno sulle labbra.

Indio


Foto di Leo Sinzi/zio-silen